Stalattiti di ghiaccio sul tetto del vicino.

Qualche giorno fa, sul tetto di fronte a casa mia, c'erano splendide stalattiti di ghiaccio come da tempo non ne vedevo. Ricordo che da bambino le chiamavamo "i piro£i", e li staccavamo per poterli smangiucchiare (quando puliti!). 

Mi sarebbe piaciuto che in queste feste, se non proprio la neve, ci fosse un po' più di freddo e un po' meno umidità. Ma niente: pioggia e scirocco, e con loro l'acqua alta. Per la maggior parte dell'Italia l'acqua alta è un problema relativo, per me che sono qui a Venezia a lavorare, invece, un po' meno. 


Ma in questa giornata di vigilia non sono solo, qui, sulla mia isola: un gheppio (Falco tinnunculus) si è messo a cacciare davanti alla mia finestra, agile e bellissimo, e ogni tanto piomba sulle siepi di bosso del giardino all'italiana per predare qualche insetto o qualche lucertola che abbia incautamente osato metter furoi il muso nonostante la pioggia. tra parentesi, le lucertole dell'isola di San Giorgio sono un po' sfortunate: in autunno TUTTE, inesorabilmente, si ammalano di una strana forma di papilloma cutaneo. Vabbè, al gheppio non importa. 

Lungo il muro, poi, c'era un minuscolo scorpione (Euscorpius italicus) intirizzito. Non appena l'ho preso in mano si è rianimato ed ha sollevato minaccioso la sua coda: un minuscolo carroarmato a otto zampe sporco di gesso. L'ho lasciato vicino ad un anfratto del muretto, perchè possa tornare a svernare in pace. 

Comunque. Quest'anno è stato bello, importante e ricco più che mai. A parte l'arrivo di mio figlio Pietro, gioia della mia vita (e di quella di mia moglie Roberta), ci sono stati il cambio di lavoro, l'inizio del progetto di recupero delle Boffe, il corso di Botanica, il Carnevale della Biodiversità... e poi ancora la collaborazione con Mario Venturi per il progetto "Gigante Padovana" ed un nuovissimo impegno, sempre in campo avicolo, col "Progetto Emiliane", al cui blog per ora vi rimando per maggiori informazioni (ma l'anno prossimo ne riparleremo anche qui). 

Insomma, un anno pieno di VITA e bellezza. E proprio per questo auguro a tutti voi, di cuore, un Natale ricco di altrettanta VITA ed uno spettacolare inizio d'anno.

BUON NATALE E AUGURI DI BUONE FESTE A VOI E A TUTTI I VOSTRI CARI!


Il giovane esemplare di Euscorpius italicus trovato oggi al lavoro. . Foto di Michele Ballarin.
Epipactis atrorubens. Foto di Andrea Mangoni.
Epipactis atrorubens. Foto di Andrea Mangoni.
C'è qualcosa di grandioso in questa idea della vita, con le sue infinite potenzialità, originariamente infuse dal Creatore in pochissime o in una sola forma; e, mentre questo pianeta ha continuato a roteare seguendo le immutabili leggi di gravità, da un inizio così semplice infinite forme, sempre più belle e meravigliose, si sono evolute e tuttora si evolvono.
Charles Darwin
E' con questa frase di Charles Darwin che si conclude il volume "L'origine delle specie"; è con questa stessa frase che si apre il Carnevale della Biodiversità, con cui dodici blogger italiani cercheranno di farvi appassionare sempre più a questo argomento, facendovi conoscere la bellezza e la grandezza insita in questa "banca" della vita.
“Infinite forme bellissime"... un magnifico argomento per inaugurare il nostro Carnevale. Sì, ma nel nostro caso, di cosa potrei parlarvi? Potrei parlarvi dell'impossibilità applicativa ed esistenziale di quell'aggettivo, “infinito”, o cercare di inquadrare i concetti di “bellezza” o “biodiversità”... Invece, per ora mi limiterò molto più semplicemente a parlarvi di alcuni organismi che sembrano in qualche modo racchiudere pur con debite limitazioni tutte e tre le parole del titolo. Oggi riesumerò infatti un argomento che aspettavo di trattare in primavera, ma visto il grigiore di questo periodo sarà perfetto per ravvivare le nostre piovose giornate invernali. Vi parlerò infatti di alcune magnifiche piante, le orchidee.
Una magnifica orchidea tropicale. Foto di Andrea Mangoni.
Vi sembra scontato parlare di orchidee? Oh, vi assicuro che non lo è. Si può scrivere e descrivere un mondo intero attorno alle orchidee senza che venga meno la curiosità verso questi organismi spettacolari. Essi rappresentano uno degli esempi migliori per parlare di biodiversità, bellezza, e varietà.
Infinite forme bellissime. Sì, le orchidee rappresentano nel mondo reale una buona approssimazione di questi concetti che a volte sembrano appannaggio di un mondo astratto. In più, sono legate al nome di Darwin, che le studiò a più riprese.

Epipactis helleborine. Foto di Andrea Mangoni


Cominciamo col dire che, se ovviamente le specie di orchidee non sono infinite, sono davvero tante. La famiglia Orchidaceae, dell'ordine delle Asparagales, conta infatti oltre 20.000 specie, e ne vengono scoperte ogni anno di nuove. Di queste, moltissime sono specie tropicali o subtropicali, ma non manca tra di loro chi non disdegna i gelidi territori dell'Artide e chi arriva quasi a lambire l'Antartide, virtualmente unico continente privo di orchidee. Le dimensioni? Variabilissime. La più piccola specie nota, scoperta di recente, appartiene al genere Platystele, ed è una minuscola epifita scoperta in Ecuador nel 2009 (tra l'altro, viveva sulle radici di un'altra orchidea!) che conta fiori di appena 2 mm di diametro; tra le orchidee più grandi invece le coloratissime orchidee tigre (Grammatophyllum speciosum Blume, 1825), chiamate anche orchidee canna da zucchero, che possono raggiungere e superare la tonnellata di peso, i cui grandi fiori di oltre 10 cm di diametro sono raggruppati in racemi alti fino a tre metri. I colori dei fiori? Un arcobaleno, come chiunque abbia avuto modo di vedere una sfilza di ibridi di Phalaenopsis davanti a sé in un vivaio. Le orchidee rivestono importantissimi ruoli nelle economie di certi Paesi: a parte infatti il commercio di esemplari destinati al mercato florovivaistico, non bisogna dimenticare che anche la profumatissima vaniglia viene prodotta a partire dai frutti di un'orchidea rampicante, la Vanilla parviflora, originaria del Messico ma esportata nelle regioni tropico-equatoriali di mezzo mondo per fini produttivi.

Angraecum sesquipedale. Fonte: Wikipedia
Le forme assunte dai loro fiori sono le più disparate, eppure sempre affascinanti e – vien logico da dire – bellissime. La corolla del fiore delle orchidee è formata da tre sepali e tre petali, uno dei quali detto labello prende spesso forma diversissima da specie a specie; dotato sovente di uno sperone cavo alla propria base, ha assunto con l'evoluzione il ruolo di “attrattore” di pronubi, in alcuni casi assumendo forme e colori veramente eccezionali. Proprio uno sperone d'orchidea ci riporta al buon vecchio Charles, che ha gentilmente prestato la sua frase per il titolo di questo post. Nel 1862 infatti Darwin, studiando il fiore di una bellissima orchidea malgascia, l'angreco o stella di Betlemme (Angraecum sesquipedale) si rese conto di una cosa piuttosto notevole: aveva infatti uno sperone lungo la bellezza di 25 cm. Visto che come la maggior parte delle altre orchidee era impollinata da insetti... come facevano questi a raggiungere il fondo dello sperone, vista la sua conformazione eccezionalmente lunga? Si trovò così a formulare l'ipotesi che esistesse una falena con una spiritromba sufficientemente lunga da arrivare a compiere l'impollinazione stessa; peccato che quella falena non esistesse, o meglio peccato che non fosse all'epoca nota alla scienza. Questa falla nelle conoscenze entomologiche e botaniche venne finalmente meno quando nel 1903 gli entomologi Rotschild e Jordan scoprirono l'esistenza di una particolare sottospecie di falena sfingide africana che effettivamente svolgeva il ruolo di impollinatore per questa specie: la Xanthopan morgani ssp. praedicta, che dovette così il nome subspecifico ad un chiaro omaggio alla previsione effettuata da Darwin vent'anni prima.
Siamo però abituati a pensare alle orchidee come a specie bellissime ed appariscenti... ma tropicali. Non pensiamo - se non raramente - al fatto che esistono anche da noi piante di questa famiglia, e anche parecchie! A seconda delle bizzarrie e delle revisioni che subisce la tassonomia di queste piante, vengono contati fino a 29 generi e 189 tra specie e sottospecie; l'ultima segnalata sarebbe Ophris murgiana, salita al rango di specie solo nel 2009. E non parliamo poi degli ibridi spontanei!
Orchis morio. Foto di Andrea Mangoni.
Orchis morio. Foto di Andrea Mangoni.
Molte delle orchidee spontanee italiane sono accumunate dal fatto di essere geofite, di avere cioè organi ipogei che permettono loro di sopravvivere anno dopo anno e di moltiplicarsi. Per alcuni generi, tali organi assumono la forma di due rizotuberi, vagamente simili ad un paio di testicoli, e proprio da qui viene il nome di orchidea: orchis significa infatti in greco “testicolo”, ed Orchis è pure uno dei generi italiani più belli e rappresentativi. Le orchidee italiane hanno di norma infiorescenze dalle forme più svariate: allungate come bastoncini fioriti, spiraleggianti oppure coniche come una turritella, dense di fiori oppure lasse. Dipendono in genere dagli insetti per la loro impollinazione, ed in alcuni generi per favorire l'arrivo dei pronubi l'evoluzione ha portato il labello a modificarsi in maniera incredibile. Le appartenenti al genere Ophrys, infatti, sono fiori privi di nettare, che hanno raggiunto un gradi di specializzazione, o meglio di coevoluzione con i propri pronubi davvero notevole. Abbiamo detto che non hanno nettare... cosa offrono allora agli insetti per attirarli, se non il cibo? Beh, offrono l'altra “spinta vitale” principale: il sesso. Il labello di queste piante infatti è di norma scuro, peloso, dotato di zone traslucide (specchio) che richiamano alcune aree glabre del corpo di certi insetti: insomma, somigliano parecchio all'addome delle femmine di certi imenotteri (api solitarie, sfecidi, vespidi). Se non bastasse l'aspetto, per convincere l'esapode maschietto, questo viene preso letteralmente per il... naso: il fiore produce infatti sostanze simili ai feromoni prodotti dalle femmine nel periodo dell'accoppiamento. Così l'imenottero, definitivamente gabbato, si precipita ad accoppiarsi col fiore, ricoprendosi di polline. Resosi conto dell'errore, si allontana sdegnato ma finisce presto per commettere di nuovo lo stesso sbaglio... fecondando così un altro fiore. E per evitare... errori, ogni specie di Ophrys attira uno specifico pronubo.
Ophrys bertolonii. Foto di Andrea Mangoni.
Ophrys bertolonii. Foto di Andrea Mangoni.
Se questo aspetto della riproduzione delle orchidee vi sembra spettacolare, aspettate di sentire il resto. Le nostre specie autoctone hanno infatti sovente una caratteristica peculiare: producono tantissimi semi, ma minuscoli... Così piccoli che mancano di albume e che hanno un embrione appena abbozzato. Insomma, sono semi che dispersi nell'ambiente hanno un'unica possibilità di sopravvivere: formare una micorriza con un minuscolo fungo (solitamente del genere Rhizoctonia) che fa penetrare le proprie ife nel seme e che fornisce ad esso tutte le principali sostanze nutritive, fino a che non appaiono le prime foglioline. Il bello è che questo può accadere dopo molto tempo dall'inizio della simbiosi micorrizica: in alcuni casi, persino dopo dodici anni! Tra l'altro, non è chiaro fino a che punto la simbiosi sia mutualistica: se in molti casi il fungo trova poi da vivere nelle radici dell'orchidea, una volta che la pianta si è sviluppata, in altri invece pare che l'interazione tra fungo e orchidea finisca con la crescita di quest'ultima.
Il giusto approccio davanti ad un campo di orchidee: meraviglia, rispetto e macchina fotografica!
In ogni caso, è' anche a causa di questo ciclo vitale dalle primissime fasi lunghe e complesse che le orchidee spontanee sono di norma ottimi indicatori biologici: possono di norma compiere il loro completo ciclo vitale solo in ambienti ecologicamente stabili e maturi. Le orchidee sono, giustamente, protette dalla Convenzione di Washington o CITES, che ne vieta detenzione, commercio e raccolta a meno che non si tratti di specie riprodotte in condizione controllate. Si tratta di un'opera meritoria che impedisce legalmente che qualcuno possa decidere di portarsi a casa qualcuno di questi gioielli per metterselo in giardino. Questa protezione però si applica in caso di commercio, mentre se viene distrutto un habitat in cui vivono delle orchidee... la cosa passa pressoché inosservata.
Esterno. Le rive di un canale a Codevigo (PD). Siepi di salici, pioppi e robinie, separano il canale da un argine ricoperto da un prato stabile ricchissimo di fiori spontanei.
L'habitat incontaminato. Foto di Andrea Mangoni.
Tra salvie, papaveri e brugole cresce una meravigliosa colonia di Neotinea tridentata. Decine e decine di esemplari, piccoli, medi e grandi, che sbucano rosei tra l'erba alta. Uno spettacolo magnifico. Mi aggiro tra i prati, scatto fotografie, resto un po' a godere il tramonto.
Neotinea tridentata. Foto di Andrea Mangoni.
Neotinea tridentata. Foto di Andrea Mangoni.
Ritorno l'anno dopo. La siepe di salici non c'è più. Tutto eliminato per ottenere pellet da stufe. Il terreno intorno scavato ed asportato per uno spessore di 30 e passa centimetri. Al posto del prato stabile, una selva di rovi e luppolo. Cerco le orchidee che mi avevano affascinato così tanto... nulla di nulla.
Lo stesso habitat delle foto sopra, totalmente distrutto. Foto di Marco Uliana.
Poi - per fortuna! - lo trovo: poco dopo lo scempio, dove ricomincia il prato stabile, ecco un ultimo magnifico esemplare di Neotinea. Non mi rimane che sperare che questo piccolo gigante possa piano piano ricolonizzare, con la sua discendenza, ciò che rimane di quello che era un habitat magnifico.
TROVERETE UN POST RIASSUNTIVO CON TUTTI GLI INTERVENTI DI QUESTO PRIMO APPUNTAMENTO COL CARNEVALE DELLA BIODIVERSITA' NEL SITO DE
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Bibliografia
Darwin C., I vari espedienti mediante i quali le orchidee vengono impollinate dagli insetti, Pisa, ETS, 2009.
Girelli, E., Le orchidee della Val d'Astico e della val Leogra nel vicentino. Vicenza, Neri Pozzi, 1987.
Lazzari, C., Le orchidee spontanee del Veneto. Sommacampagna, Cierre Edizioni, 2008.
Ledford H., The flower of seduction. Nature 445: 816-817, 2007.
Medagli, P., & Cillo, C., Ophrys murgiana Cillo, Medagli & Margherita, specie nuova delle Murge (Puglia, Italia meridionale). GIROS notizie 41: 23-25, 2009.
Neotinea tridentata. Foto di Andrea Mangoni.
L'ultimo splendido esemplare di Neotinea tridentata dell'habitat visto sopra. Foto di Andrea Mangoni.
Maschio di Tacchino Ermellinato di Rovigo. Foto di Andrea Mangoni, esemplare di Marco Bindocci.
Tra le tante razze di tacchini italiane, il Tacchino Ermellinato di Rovigo è una delle poche che sia ben conosciuta anche al di fuori della sua regione d'origine, il Veneto. Vuoi per la bella livrea, vuoi per le buone attitudini produttive e per l'istinto alla cova, questa razza si è diffusa abbastanza bene tra gli appassionati, pur restando comunque poco comune.
Fu il Prof. Raffaello Quilici, dell'Istituto Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo, nel 1958, che partendo da tacchini comuni ed inserendo sangue di Narragansett (una delle più belle razze americane di tacchini) ottenne ad un certo punto della selezione tramite mutazione un piccolo gruppo di capi a livrea ermellinata, sulla quale continuare gli sforzi per uniformare le caratteristiche produttive e di taglia.
La razza è caratterizzata da tarsi color carne, pelle bianca, una livrea ermellinata che ricorda molto quella della razza tedesca Crollwitzer, e da una taglia media, con femmine che si attestano sui 5 Kg e maschi invece sugli 11 Kg. Si tratta di animali molto rustici e precoci, ad impennamento rapido, adatti anche all'allevamento in montagna. Le femmine sono ottime chiocce, perfette per portare a termine covate di numerosi avicoli, anche in virtù della loro taglia non eccessiva.
Purtroppo la scarsa uniformità somatica degli esemplari porta spesso a pensare di poter migliorare le caratteristiche della livrea tramite l'incrocio con altre razze. In verità, il semplice sforzo selettivo degli allevatori dovrebbe essere più che sufficiente per elevare l'uniformità della livrea di questa razza.
Gli animali in foto appartengono all'amico Marco Bindocci, e provengono dal ceppo dell'Università di Perugia; ho anche avuto il piacere di vedere un ceppo ugualmente bello e molto uniforme, ben caratterizzato, presso un allevatore di Casalserugo (PD), che era partito da un maschio Ermellinato avuto dall'allora Istituto San Benedetto da Norcia di Padova e da un gruppo di femmine bronzate di taglia adeguata. E' inutile dire che in questo caso, che dovrebbe essere preso da esempio, sono stati la caparbietà e l'assidua selezione operata da questo allevatore a permettere un simile risultato. Dovrebbe servire da spunto e da riferimento per ogni allevatore, specie in questi tempi in cui la parola "selezione" sembra spaventare gli appassionati più di tante altre.

Femmina in cova di Tacchino Ermellinato di Rovigo. Foto di Andrea Mangoni, esemplare di Marco Bindocci.

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AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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Giovane gallina di Polverara. Foto di Andrea Mangoni.
Come ho già detto, il mio tentativo di salvare il ceppo di Polverara di Bruno Rossetto passa ed è passato anche attraverso la formazione di gruppi satellite, affidati ad amici e conoscenti e costituiti da quegli esemplari che pur scartati dalla selezione hanno delle caratteristiche tali da non poter esser considerati semplici scarti, e che disponendo di più spazio meriterebbero di esser mantenuti in allevamento.
Gallina di Polverara ed incrocio. Foto di Andrea Mangoni.
In quest'ottica, qualche tempo fa ho fatto dono a Francesco, un mio vicino di casa che a sua volta lo scorso anno mi aveva dato i primi esemplari di anatra muta di Barberia autoctona, un gruppetto composto da una pollastra, un giovanissimo galletto ed un incrocio di seconda generazione di Polverara. Passate alcune settimane, sono andato a vedere per altri motivi l'allevamento familiare di Francesco ed ho potuto vedere i progressi dei vari esemplari.

La femmina nera che gli avevo dato è un'animale di taglia discreta, ma non eccelsa, e somiglia parecchio per forma alla Polverara fotografata da Anita Vecchi negli anni '40-'50 del secolo scorso. ha una bella mantellina, ed una coda ben rilevata; la forma del ciuffo non mi piace granchè, ma i motivi che mi avevano spinto a cederla erano altri: mancava totalmente di cresta a cornetti ed aveva un'ernia cerebrale abbastanza sviluppata. L'altra femmina, un incrocio bianco, era invece eterozigote per la cresta a cornetti e possedeva pelle gialla. Da ultimo il galletto: la principale pecca erano la taglia piccolina e la presenza di tracce di rosso su remiganti e sella, oltre che la totale assenza (o quasi) di barba e favoriti; in compenso ha cresta a cornetti splendida, pelle bianca, un bel portamento e soprattutto orecchioni candidi eccezionali per questa razza.


Gli animali stanno crescendo benissimo e saranno presto in grado di riprodursi. In primavera quindi, se le loro uova saranno affidate a delle chiocce amorevoli, sarà possibile avere una nuova generazione e soprattutto animali con caratteristiche tali da compensare i difetti dei genitori. In questo modo tra qualche anno potrei avere, vicino casa, un altro ceppo parallelo al mio da cui attingere futuri riproduttori per tagliare il sangue del mio gruppo di animali.

Giovane gallo di Polverara. Foto di Andrea Mangoni.
Il bellissimo fiore di Lilium martagon. Foto di Andrea mangoni.

“Guardate gli uccelli del cielo; non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro padre celeste li nutre. Or, non valete voi più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi può aggiungere alla durata della sua vita un solo cubito? E perché darsi tanta pena per il vestito? Guardate come crescono i gigli del campo: non lavorano, né filano, eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di essi. Ora se Dio riveste così l’erba del campo, che oggi c'è e domani viene gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede? Non vogliate dunque angustiarvi dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Di che ci vestiremo?” Di tutte queste cose si danno premura i pagani; ora il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutto questo.”

Vangelo di Marco, 6, v. 26

La prima volta che ho visto un giglio selvatico, tra le montagne del Cadore, mi è tornato alla mente proprio questo passo del Vangelo. Ricordo di aver pensato che qualcuno avesse gettato dei bulbi coltivati con l'immondizia lungo una scarpata. Le corolle arancio brillanti, aperte verso il cielo, erano così slealmente sgargianti da illuminare da sole l'intero prato, togliendo luce a tutti gli altri fiori spontanei.

I gigli (gen. Lilium) sono piante appartenenti alla famiglia delle Liliaceae, usate un tempo anche nella farmacopea tradizionale. Tra le specie che vivono nelle nostre montagne e nei nostri boschi, Lilium martagon (foto sopra e a destra) e Lilium bulbiferum o croceum sono certo due delle più rappresentative. Ma ovviamente si tratta di un genere di piante che molto ha offerto e che molto ha da offrire al giardino di chi ama questi spettacolari candelabri barocchi pieni di colore. Ovviamente oltre alle tante specie botaniche i floricoltori e gli appassionati hanno dato vita a innumerevoli ibridi e cultivar, tanto da soddisfare le esigenze di ogni palato.

Lilium martagon. Foto di Andrea Mangoni.Credo sia inutile sottolineare come i gigli siano vittime di parassiti di ogni genere e malattie. Sono piante decisamente delicatine, tanto che credo fosse un Lord inglese ad affermare: "tacchini e gigli hanno una sola cosa in comune, e cioè l'ambizione a morire". Uno dei più temibili è la criocera del giglio, un piccolo coleottero rosso che se ne nutre avidamente, e contro cui la difesa migliore rimane un'osservazione costante unita eventualmente ad un'eliminazione manuale dei parassiti. Senza parlare poi di limacce e millepiedi, funghi e virus... Insomma, piante da curare con attenzione!

Come moltiplicare i gigli? Beh, se il nostro scopo non è quello di cercare di selezionare nuovi ibridi o varietà, la propagazione vegetativa di queste piante è la via più facilmente attuabile, e per di più siamo proprio nel momento migliore. A fine estate prendete i bulbi e staccate delicatamente le squame esterne che li compongono; potete toglierne fino quasi la metà, senza che il bulbo poi muoia. Nel caso di specie come Lilium bulbiferum, potrete utilizzare invece direttamente i bulbilli che crescono all'ascella dell'inserzione fogliare. Prendete dunque le squame e/o i bulbilli, mescolateli a sabbia e terriccio umidi e metteteli in un sacchettino di plastica trasparente. Soffiate dentro al sacchettino, quindi richiudetelo e lasciatelo in una posizone di ombra luminosa, in un punto riparato dalle gelate. Durante l'autunno e l'inverno i bulbilli produrranno radici, e le squame staccate formeranno a loro volta alla loro base dei bulbilli che radicheranno ben presto; in primavera vi ritroverete con delle minuscole piantine composte da una fogliolina, un piccolo bulbo e qualche radice, che trapianterete in vaso o direttamente all'aperto. piano piano i bulbi cresceranno, e presto avrete una nuova generazione di magnifici e splendidi gigli per adornare il vostro giardino.

Per finire, un'ultima raccomandazione. Se vi siete innamorati dei gigli selvatici ritratti nelle foto, vi prego: NON RACCOGLIETELI IN NATURA! Si tratta di specie spesso protette ed a volte in forte rarefazione per il degrado dei loro habitat. Per fortuna esistono vivai specializzati in cui poter trovare esemplari coltivati di specie selvatiche, a volte sotto forma di cultivar di particolare bellezza (come ad esempio la varietà bianca di Lilium martagon) . Rivolgetevi a queste realtà vivaistiche, e lasciate alle nostre montagne questi fiori di eccezionale bellezza.

Lilium bulbiferum. Foto di Andrea Mangoni.
Home page di Isopoda.net, sito di Francesco Tomasinelli.

Oggi vi vorrei parlare di uno dei migliori fotografi naturalisti italiani, il genovese Francesco Tomasinelli, e del suo sito Isopoda.net. Francesco è un biologo che unisce alle sue non comuni doti di fotografo anche grandi capacità di divulgazione, che ne fanno uno dei migliori fotoreporter naturalistici italiani. Le immagini di Francesco non sono semplicemente degli esercizi di stile fini a se se stessi: di macrofotografi che sanno ottenere uno scatto perfetto è pieno il mondo (anche se io, sfortunatamente, non sono tra questi!). Le foto di Francesco sono diverse: esse raccontano sempre storie, di solito di animali poco conosciuti o snobbati dai più, ma anche di persone e luoghi che la passione di questo artista della pellicola (e del digitale) gli ha fatto incontrare. E dove le sue immagini non riescono ad arrivare, ci pensa la sua penna ad integrare informazioni e notizie, nel migliore stile della tradizione italiana di divulgazione naturalistica. Il sito raccoglie molte delle spettacolari immagini di Francesco, i cui articoli sono stati pubblicati da numerose pubblicazioni tanto italiane quanto straniere. Insomma, una vera e propria perla nel panorama del web naturalistico italiano. Non mancate di visitarlo!

http://www.isopoda.net

PS Francesco Tomasinelli - pochi lo sanno - è amico di lunga data del comico Antonio Ornano, divenuto famoso sul piccolo schermo per il personaggio del Biologo Naturalista Stefano Tommaselli. Sì, avete indovinato: il nome del personaggio non è casuale. E' stato proprio Francesco Tomasinelli ad ispirarlo, oltre che a fornire ad Antonio Ornano notizie ed informazioni per rendere più memorabili i propri sketch. La riprova? Questa - spassosa! - intervista doppia apparsa in video tempo fa. Chi dei due imita chi? Ciao!

Biodiversità, una ricchezza per tutti. Foto di Andrea Mangoni.
Biodiversità. Collage di Andrea Mangoni.
Il 2010 è stato l'anno internazionale della Biodiversità, ovverosia l'anno dedicato all'infinita ricchezza della Vita. E' un tema che come sapete mi ha sempre interessato tantissimo, e che ho cercato di sviluppare più e più volte, sotto punti di vista differenti, proprio con questo blog. Così, è stato con enorme piacere che ho accettato al proposta di Livio Leoni di Mahengechromis di aderire, assieme ad altri blogger italiani specializzati in argomenti scientifici, all'iniziativa di un Carnevale della Biodiversità. Ogni due mesi 12 blogger scriveranno un articolo sulla base di un tema comune, che ognuno svilupperà in maniera peculiare e consona al proprio stile. Che dire? Un grazie enorme a Livio per l'opportunità, non vedo l'ora che si cominci! Qui sotto trovate il bando, così come riportato ne L'Orologiaio Miope. Si parte a Dicembre!
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Il 15 Dicembre c.a., a conclusione del 2010, anno internazionale della biodiversità, partirà un’iniziativa tra i più prestigiosi blog naturalistici italiani per continuare a sottolineare l’importanza del temain oggetto, sia all’interno della comunità scientifica sia tra il pubblico.
La prima edizione del Carnevale della Biodiversità avrà come tema:
“INFINITE FORME BELLISSIME”,
tema che i vari Autori svilupperanno con varie sfaccettature in base ai loro personali stili ed interessi. Il blog “L’orologiaio miope” (http://www.lorologiaiomiope.com/) accoglierà questa prima edizione, passando in rassegna gli articoli scritti dagli altri blogger e segnalandone i link. I blog partecipanti al progetto saranno I seguenti:
Continuo proceso de cambio http://procesodecambio.linxedizioni.it/
L’orologiaio miope http://www.lorologiaiomiope.com/
Mahengechromis Divagazioni di un ciclidofilo http://mahengechromis.blogspot.com/
Oryctes Frammenti di natura http://oryctesblog.blogspot.com/
Paperfish fish biology in progress http://paperfishbiology.blogspot.com/
Il Carnevale della Biodiversità avrà scadenza bimestrale, continuando per tutto il 2011, e sarà ospitato a turno da alcuni dei blog partecipanti. Il gruppo coordinatore augura buon lavoro a tutti i blog che hanno aderito alprogetto e buona lettura a tutti coloro che vorranno partecipare con noi a questo Carnevale.
Livio Leoni, Marco Ferrari, Lisa Signorile
Gallo di razza Polverara. Foto di Andrea Mangoni.

Arriva sempre il momento di tirare le fila di quanto fatto e di quanto ancorac'è da fare. Questo è uno di quei momenti, di quelli in cui spieghi a te stesso e agli altri cosa hai fatto e dove vuoi andare. Che dite, partiamo?

  1. In campo editoriale, si accavallano diversi progetti. Un primo libro sulla Gallina Polverara, in fase di "ricerca disperata di un editore"; un libro sulla Gallina Boffa, che vedrà quasi certamente la via dell'autopubblicazione (forse su Lulu); ed infine, un progetto propostomi dai gestori del forum di Agraria.org, di cui sono uno dei moderatori: un manuale pratico di pollicoltura. Se vi sembra poco, langue nel cassetto un prototipo di manualetto sul Natural Gardening...

  2. In campo avicolo, i progetti che mi vedono impegnato in primissima persona sono fondamentalmente quattro, di varia importanza ed intensità. Il primo ed il più importante è quello che riguarda il recupero della straordinaria Gallina Boffa. Quest'anno le cose sono andate abbastanza male, e alla fine dell'anno ci ritroviamo con un gruppo di 9 riproduttori per le prossime stagioni... Pochissimi, e considerato che anche l'allevamento dell'anziano allevatore umbro non era numericamente troppo ben messo, si può dire che la razza è davvero a livelli ancora critici. Mi aspetta la costruzione di nuovi pollai e l'avvio - precocissimo - di una nuova stagione riproduttiva, nei limiti del possibile. Il secondo è il recupero del ceppo Rossetto della Gallina di Polverara. Rispetto all'anno scorso, ho fatto qualche passo avanti. Sono riuscito a cedere altre due giovani coppie di esemplari ed un galletto ad altrettanti amici, portando così a quattro i nuclei di riproduttori oltre al mio, per un totale (contando anche gli animali ceduti l'anno scorso) di almeno 9 capi estraneial mio allevamento; a questi si aggiungono poi i miei riproduttori e la loro prole, 3 galli e 5 galline pure oltre ad alcuni incroci. Insomma, il rischio di estinzione del ceppo è forse momentaneamente scongiurato, ma occorrerà lavorare ancora a lungo per avere la certezza di averlo messo al sicuro. Ci sono poi altri due progetti, quello sulle anatre mute autoctone e quello sul tacchino azzurro di Rossetto. Nel primo caso le cose sono andate abbastanza bene, e posso contare su almeno due maschi e quattro femmine discreti; nel secondo caso invece le cose vanno peggio. L'unica femmina che possiedo ha perduto un occhio dopo una serie di malattie che mi avevano fatto disperare di poterla salvare. Non mi resta che attendere la prossima stagione riproduttiva, per vedere se riuscirà a riprodursi.

  3. In campo naturalistico, invece, dicarne al fuoco ce n'è forse di meno, ma altrettanto gustosa. Due sono fondamentalmente i progetti che vorrei veder partire il prossimo anno: uno riguardante i fiori spontanei e le zone umide delle mie zone, uno concernente l'educazione ambientale nelle scuole ed un'altro relativo all'organizzazione di un Festival della Biodiversità.

Ok, che dite? Vi sembra abbastanza?

Bene... veniamo ad altro...

Ho un bimbo di 7 mesi, un lavoro su turni 5 giorni a settimana (notti comprese), ed una moglie (adorata) che rivendica giustamente diritti sulle ore della mia giornata che mantengano in qualche modo una parvenza di libertà. Posso occuparmi dei progetti che sto seguendo solo rubando tempo a ciascuna di queste parti della mia vita. I siti Oryctes.com e GallinaBoffa.com hanno costi annuali di dominio, e nemmeno il cibodegli animali è esattamente free. Insomma, mi riesce di coltivare almeno la maggior parte del mais, ma frumento, avena, sorgo e soia li devo pagare. In più mi aspetta la costruzione di nuovi pollai per la prossima stagione riproduttiva, e questa volta non riuscirò a farli con materiali di recupero. Così come ci saranno certamente spese editoriali per la preparazione e l'uscita dei libri cui sto lavorando.

Non ho voluto finora mettere pubblicità con google adsense nel blog - lo ammetto, non mi piace e la trovo fastidiosa. Ho anche rifiutato di ospitare pubblicità di casinò e gioco d'azzardo on line, seppur ben pagate - a parte che non centrava una beata mazza con gli argomenti del blog, la trovavo una cosa eticamente scorretta. Detto questo, se le righe che leggete qui vi fanno pensare, magari anche sorridere, o vi sono d'aiuto... aiutate il blog ad andare avanti. Ci sono molti modi, potete trovarli anche in questa pagina. Ma riassumendo il tutto...

  1. Metodo simpatico ed alternativo: regalateci un libro. Ho pubblicato una pagina con i libri in "dotazione" al blog, libri che mi aiutano a portare avanti tutta una serie di ricerche. Qualunque libro non nell'elenco si rivelerà prezioso. I libri più antichi, scevri da problemi di copyright, verranno col tempo digitalizzati e messi a gratuitamente a disposizione dei lettori del blog. Maggiori informazioni alla pagina BIBLIOTECA.

  2. Metodo altrettanto simpatico: regalateVI un libro. Per ogni libro delle Edizioni WILD, acquistato mediante QUESTA PAGINA, Oryctes.com otterrà una piccola donazione. Idem se acquisterete una copia del libro dedicato ai Coleotteri che trovate QUI.

  3. Metodo pratico: potete sostenere questi progetti anche tramite una donazione attraverso Paypal, cliccando sul pulsante in basso:

Insomma, ci sono vari modi per aiutarci a portare avanti questi progetti. Alcuni, come l'amico Silvano, hanno optato per una donazione; altri invece per aiutarci a digitalizzare alcune opere. In ogni caso, qualunque aiuto possiate o vogliate dare a questo blog, vi ringrazio fin d'ora di cuore.
Andrea

Primo piano di un gallo di Boffa. Foto di Andrea Mangoni.
In questo post vorrei inserire una serie di scatti di tacchini di varie razze e ceppi locali, scelti tra quelli che in questi anni mi hanno colpito di più. Si tratta di un semplice invito ad osservare con attenzione la biodiversità avicola che ci circonda, e magari guardare agli animali da cortile con occhi diversi. Il fatto che alcuni di questi ceppi siano estinti o quasi, dovrebbe far riflettere sul bagaglio di preziosi geni che l'attuale generazione di avicoltori sta lasciando indietro.
BRONZATO DEI COLLI EUGANEI
Razza leggera, colorazione bronzata. Il ceppo fotografato è quello dell'Istituto Duca degli Abruzzi di Padova.
Coppia di Tacchini Bronzati dei Colli Euganei. Foto di Andrea Mangoni.Maschio di Tacchino Bronzato dei Colli Euganei. Foto di Andrea Mangoni.
BIANCO DEI COLLI EUGANEI
Si trattava di un ceppo del bronzato dei Colli Euganei completamente bianco, selezionato dall'allevatore padovano Bruno Rossetto. Attualmente estinto.
Maschio di tacchino Bianco degli Euganei. Foto di Andrea Mangoni.Maschio di tacchino Bianco degli Euganei. Foto di Andrea Mangoni.
AZZURRO DI ROSSETTO
Molto simile all'antica razza Lilla di Corticella, ma di dimensioni paragonabili al Bronzato dei Colli Euganei. Selezionato dal sig. Bruno Rossetto, attualmente sull'orlo dell'estinzione. Ne rimangono alcuni esemplari allevati dall'Associazione "La Fattoria in Città" (PD); una femmina presente nel mio allevamento. Foto storiche del 1996 per gentile concessione di Bruno Rossetto.
Tacchino azzurro di Rossetto. Foto per concessione del sig. Rossetto.Maschio di Tacchino azzurro di Rossetto. Foto per concessione del sig. Rossetto.
BRONZATO DEI LESSINI
Ceppo leggero locale similissimo al Bronzato euganeo, se ne differenzia per la pelle giallo paglierino. Allevato da poche famiglie del comprensorio dei Monti Lessini e del mantovano.
Maschio di tacchino Bronzato dei Lessini. Foto di Andrea Mangoni.Maschio di tacchino Bronzato dei Lessini. Foto di Andrea Mangoni.
LILLA-ROSSASTRO (CAMPONOGARA)
Ceppo locale presente presso poche famiglie di Camponogara, con esemplari di colorazione lilla-rossastra e di taglia leggermente superiore a quella dei Bronzati euganei, ma tuttavia ancora più leggeri dei Bronzati Comuni.
Femmina di tacchino lilla rossastro di Camponogara. Foto di Andrea Mangoni.Maschio di tacchino lilla rossastro di Camponogara. Foto di Andrea Mangoni.
NERO (FIGLINE VALDARNO)
Ceppo nero locale di taglia medio-grande, presente in alcune fattorie della zona. Non mi è stato possibile avere informazioni su di esso.
Maschio di tacchino nero di Figline. Foto di Andrea Mangoni.Maschio di tacchino nero di Figline. Foto di Andrea Mangoni.

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AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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Giovane gallo di Polverara. Foto di Andrea Mangoni.

Nasce nel blog una nuova pagina, quella dedicata agli animali da cedere. Si tratterà di esemplari che non potrò, per motivi di spazio, tenere nel mio allevamento, ma che mi dispiacerebbe destinare alla mensa perchè, per qualche motivo, il loro patrimonio genetico può risultare prezioso o perchè penso possano avere delle buone chance per dare qualche soddisfazione ad altri allevatori, specie se intenzionati a divertirsi facendo selezione.

Si comincia con 4 capi, tre galli ed una gallinella, tutti incroci di Polverara di ceppo Rossetto oppure esemplari puri ma di seconda scelta. Di ogni esemplare verranno indicati pregi e difetti, oltre che eventuali indirizzi e suggerimentio di selezione. Li potete vedere cliccando sul link in alto a destra oppure su quello qui sotto. A presto!

ANIMALI DA CEDERE

info@robertamaieli.com
E' passato un anno da quando vi ho parlato della galinsoga, comunissima erbaccia presente negli orti di mezz'Italia. E a distanza di un anno, la nostra amica Manù ha postato tra i commenti del blog la ricetta dell'Ajiaco, preparazione culinaria tipica colombiana che vede l'utilizzo per l'appunto della galinsoga (guascas in lingua locale). La ripropongo come post così come lei l'ha scritta, in quanto rappresenta un bello spaccato su una cultura (culinaria) differente che permette di sfruttare quelle che per noi sono erbacce, confermando così il fatto che nei nostri orti coltiviamo di norma solo una piccola parte delle tantissime specie commestibili che potremmo avere a disposizione. Un grazie infinite quindi a Manù, e buon appetito!
INGREDIENTI
  • 1 petto di pollo
  • aglio e cipolla
  • 1 bicchiere di riso
  • brodo di pollo
  • 6 piccole patate gialle tagliate a metà
  • 1 pannocchia di mais tagliata a metà
  • 4 patate medie sbucciate e tagliate a fette di 5mm
  • 1/2 pugno di scalogno
  • 1/2 pugno di coriandolo (se piace)
  • 4 cucchiai di guascas (o galinsoga)
  • 1/2 tazza di panna
  • 1 cucchiaio di capperi scolati
  • 1 avocado maturo
  • sale
PREPARAZIONE
Per prima cosa preparare un riso bianco facendo un soffritto di aglio e cipolla, versandoci un bicchiere di riso, facendolo rosolare (fiamma alta), aggiungendoci due bicchieri di acqua, salando, coprendo la pentola ,abbassando la fiamma al minimo e puntando 20 minuti esatti.
La notte prima marinare i petti di pollo con l’aglio, la cipolla ed il sale. In una casseruola mettere il petto di pollo, aggiungere l’acqua e cuocere fino a che sia tenero. Trasferire il pollo in un piatto. Tagliare il petto di pollo in strisce (consigliabile l'utensile MANO). Cuocere le patate nella casseruola con il brodo di pollo fino a che inizia a disgregarsi. Aggiungere più brodo a piacere. A questo punto la zuppa dovrebbe essere densa e morbida. Aggiungere gli scalogni, il coriandolo, le patate affettate, la galinsoga e il mais. Quando è tutto cotto rimuovere galinsoga e scalogno. Servire il pollo in scodelle per zuppa e versarci la zuppa sopra. Versare 3 cucchiai di panna e 1 cucchiaino di capperi tritati in ciascuna ciotola,qualche cucchiaiata di riso... e a chi piace, l'avocado tagliato a cubotti! buen provecho!!

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Galinsoga parviflora. Foto di Andrea Mangoni.
Gallina di razza cocincina gigante. Foto di Andrea mangoni, esemplare di Marco Toffoli.
Allevare galline può essere un'attività piacevole e divertente, oltre che utile.

Come allevare polli e galline? Oggigiorno sempre più persone sentono la necessità di un differente rapporto con la Natura e - perché no? - col cibo. Una sorta di "ritorno alle origini", per molti, perché magari i propri genitori o nonni facevano i contadini. Ecco quindi, per tutti coloro che desiderano iniziare ad allevare galline ma che non sanno da dove partire, un semplice decalogo su ciò che vale la pena conoscere per iniziare col piede giusto.
  1. Partite con le idee chiare. Cosa desiderate? Un pollaio prettamente ornamentale, una produzione di uova per tutta la famiglia, dei polli da carne? Sapere bene quello che comportano le nostre scelte inizialo è molto importante. Orientarsi verso una o l'altra delle opzioni sopracitate non è indifferente, e influenzerà in maniera forte le nostre scelte iniziali. In particolar modo, la scelta della razza diventerà a questo punto fondamentale, visto che influenzerà tutte le caratteristiche del nostro allevamento. Riflettete quindi sulle vostre esigenze, pianificate in anticipo e non vi troverete con sorprese sgradite.
  2. Prendetevi i vostri spazi. Ovverosia, calcolate con attenzione quanto spazio occorre al vostro allevamento. I polli avranno necessità di movimento, di pascolare in un prato sicuro e di muoversi liberamente, oltre che di un ricovero notturno. Calcolate una media, se possibile, di 10 metri quadrati per capo (come in allevamento biologico). In caso di problemi di spazio potreste scendere fino a 2,5 metri quadri per capo (come in allevamento all'aperto), ma sappiate che ciò significherà non poter più contare su di un pascolo verde (perché i polli lo trasformeranno nel deserto dei Tartari); inoltre, gli animali saranno probabilmente più soggetti ad ammalarsi di coccidiosi ed altre malattie parassitarie. Riuscireste però a garantir loro ancora quel minimo spazio che consente a questi animali di godere di benessere psicologico e di espletare tutti i loro comportamenti specifici. Il numero di polli andrà calcolato in base alle nostre esigenze: un gruppo di 8 - 10 ovaiole potrà bastare per il fabbisogno di uova di una famiglia di 4 persone, mentre un piccolo allevamento famigliare di polli da carne potrà essere costituito da due gruppo di 25 animali acquistati in due periodi distinti dell'anno. In caso invece di razze ornamentali, potrebbero bastare anche un gallo e 3-5 galline; in caso di razze nane gli spazi potrebbero pure essere ragionevolmente diminuiti.
  3. Costruire un pollaio ad uso familiare e alleare galline vi permetterà di avere uova fresche e ottimo fertilizzante.
  4. Occhio al pascolo. E' una parte fondamentale dell'allevamento. Le galline infatti possono integrare col pascolo anche il 50% della propria dieta, con conseguente risparmio per le vostre tasche e per la salute dei vostri animali. Calcolate, come detto sopra, 10 metri quadri di pascolo per capo. Il prato dovrà esser costituito da piante che sono gradite ai polli - ad es. tarassaco, galinsoga, trifoglio, erba medica, piantaggine, ecc... Per fornire ombra, piantate qualche albero da frutto che non richieda trattamenti antiparassitari: un albero di caki, per esempio, oppure una pergola di actinidia o di uva fragola. Anche cespugli come il ribes saranno graditi. Nel caso viviate in zone ricche di predatori, potrà essere necessario costruire una recinzione solida e ben congegnata. Per difendervi dall'attacco di volpi e cani, che scavano volentieri, interrate la rete di recinzione per circa 50 cm; lasciatela invece lasca - non tesa - nella parte superiore, in maniera che se gli animali dovessero tentare di scalarla questa si possa rivelare per loro troppo instabile, facendoli così desistere. in caso abbiate invece timore di attacchi di rapaci, pensate a ricoprire il recinto con una buona rete in plastica a maglie strette.
  5. Una dimora sicura. Il ricovero notturno degli animali dovrà avere determinate caratteristiche che garantiscano loro benessere. Calcolate l'area della costruzione in maniera che sia disponibile un metro quadrato di area ogni 4 animali. Ad esempio, per un gruppo di 8 ovaiole lo spazio minimo per il ricovero degli animali dovrà essere di circa 2 metri quadri, ovverosia uno spazio di due metri per uno. Curate che non vi siano correnti d'aria e spifferi. Un terzo dell'area di base sarà occupata da un posatoio dove gli animali potranno dormire la notte; questo, costituito da listelli di legno ad angoli smussati di spessore di circa 3 cm, dovrà esser posto a circa 50 cm di altezza. Al di sotto del posatoio notturno potrà essere disposto un cassone raccoglifeci per facilitare la pulizia. Utilizzate un fondo in cemento o legno per evitare che alcuni predatori come i ratti possano penetrare nel ricovero scavando una galleria, e disponetevi sopra una lettiera di truciolo depolverato per facilitare le operazioni di pulizia. Nel ricovero notturno troveranno spazio pure i nidi per la deposizione delle uova. Ricoveri molto comodi sono quelli ad arca, che possono anche venire spostati in caso di bisogno. In questo breve video ecco come costruirne uno con materiali di recupero:
  6. Scegliete attentamente la razza in base alle vostre esigenze. Un'ovaiola ha caratteristiche differenti da un pollo ornamentale così come da un pollo da carne o a duplice attitudine. date se possibile la preferenza a razze locali e/o autoctone, abituate da secoli alle condizioni di vita delle nostre campagne. In ogni caso, tra le ovaiole le migliori sono probabilmente le Livorno commerciali (o "da capannone"), e gli ibridi noti come Isa Warren o Isa Brown. Tra i polli da carne va invece segnalata tutta una serie di ibridi commerciali pesanti, caratterizzati da rapidissimi indici di crescita. Sarebbe però a mio avviso più interessante ed utile dare la preferenza a razze a duplice attitudine e ad accrescimento un po' più lento, come ad esempio Bionda Piemontese, Polverara, Robusta Lionata, Robusta Maculata, Ermellinata di RovigoModenese; tra le razze estere invece sono ottime a questo scopo la Plymouth Rock barrata, la New Hampshire, la Rhode Island. Per le razze ornamentali invece non c'è che l'imbarazzo della scelta.
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  8. Scegliete con cura l'allevatore da cui prendere gli animali. Gli ibridi commerciali e le Livorno utilitarie le trovate anche nei mercati avicoli, e nel caso delle ovaiole spesso si tratta di animali vissuti nei capannoni e che a fine carriera trovano la strada del mercato piuttosto che quella della pentola. Ma in molti altri casi gli animali vanno cercati col lumicino presso allevatori di fiducia, che possano garantire una buona qualità degli standard (ove previsto) e soprattutto ottime cure igieniche sanitarie agli animali. Iniziare con un gruppo di animali sano e robusto non ha prezzo; se allevate razze ornamentali o da esposizione, vale la pena anche assicurarsi che il ceppo di partenza non sia allevato in regime di eccessiva consanguineità e che gli animali siano davvero in standard (in questo caso dovrete studiare bene la razza che vi interessa!) onde evitare di trovarsi rifilate solenni fregature.
  9. Curate l'introduzione dei polli nella loro nuova casa. Se in pollaio non vi sono altri animali, chiudete i polli nel ricovero notturno e lasciateli ambientare per un paio di giorni. Somministrate acqua fin da subito e cibo dal giorno successivo all'acquisto. Se invece ci sono già altri polli, attenzione alle lotte gerarchiche che nasceranno: i nuovi arrivati saranno certamente tartassati dai vecchi ospiti. Teneteli per la prima settimana in una capiente gabbia nel ricovero notturno, in modo che gli altri polli si abituino alla loro presenza. In seguito, lasciate sempre disponibili alcuni trespoli sicuri su cui i nuovi arrivati possano rifugiarsi e allo stesso modo predisponete dei pannelli divisori a "L" per costruire dei nascondigli visivi. In capo a una-due settimane la nuova gerarchia dovrebbe essere consolidata. Non introducete mai un gallo adulto in un pollaio che ne ospiti già uno: vi trovereste di fronte a lotte all'ultimo sangue.
  10. Il pascolo è molto importante per i nostri polli, che ne traggono beneficio oltre che cibo. 
  11. Occhio all'alimentazione. L'acqua dovrà essere sempre pulita e quindi andrà cambiata di frequente. Se tenuto nel ricovero notturno, l'abbeveratoio andrà posizionato su una griglia sollevata dal pavimento. Il cibo dovrà essere abbondante ed adeguato alle esigenze degli animali in allevamento, posto in mangiatoie all'interno del ricovero notturno. Ovaiole e pulcini in crescita necessiteranno di alimenti con maggior componente proteica; agli altri animali potremo dare un mangime base costituito da una miscela di granaglie, ad esempio composta per il 50% di mais e per il resto da orzo, avena, farina di soia, sorgo, riso grana verde. Le verdure dovranno far parte della dieta così come le erbe selvatiche, in caso essi non abbiano già il pascolo disponibile, e possibilmente servite agli animali in una rastrelliera sollevata dal terreno.
  12. Prevenire è meglio che curare. Una corretta alimentazione, oltre che essere fondamentale per il benessere dell'animale, può contribuire a prevenire alcune patologie. E' inoltre importante garantire la massima pulizia, cambiando ogni due settimane (o anche più, se necessario) la lettiera del ricovero notturno. In caso di evidenti sintomi di malessere (es. polli inappetenti, con occhi sempre chiusi, piumaggio constantemente arruffato, debolezza, diarrea, ecc...) contattate il servizio veterinario della vostra ASL, facendovi indicare il veterinario esperto in avicoli più vicino a voi. La vaccinazioni possono non essere indispensabili, ma una sola è obbligatoria: quella per la pseudopeste. Controllate comunque se nel vostro comune, provincia o regione esistano obblighi aggiuntivi. E' sufficiente poi farsi fare la ricetta dal veterinario della propria ASL, gratuitamente, e poi acquistare il vaccino che di norma ha un costo contenuto.
  13. Obblighi legali ed altro. Il pollaio dovrà essere costruito ad una certa distanza dalle abitazioni; tale distanza spesso varia da comune a comune. Informatevi presso la vostra amministrazione, così pure come per l'obbligo di denuncia per la costruzione del ricovero notturno. L'allevamento di polli andrà anche denunciato alla ASL: non preoccupatevi, non comporterà controlli né spese, e vi darà diritto a farvi fare le ricette per i medicinali dalla ASl di competenza. Basterà andare al servizio veterinario della ASL stessa e chiedere di registrare il proprio allevamento amatoriale per autoconsumo.
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Ecco, con questo il breve decalogo è terminato. Per altri argomenti importanti, come l'accoppiamento, la riproduzione, la cova e l'incubazione delle uova, vi invito a consultare il label Avicoltura di questo blog. Alla prossima!