Il mitico Laghetto delle Tose a Calalzo di Cadore. Bello, vero? Foto di Andrea Mangoni.

Carissimi, quello sul Sedum spectabile è stato l'ultimo post prima delle meritatissime ed agognate ferie! Da domenica, infatti, e per due settimane, sarò tra le verdeggianti montagne del Cadore, in un delizioso paesino chiamato Grea, immerso nella pace delle Dolomiti. Mai come quest'anno, dopo tanti cambiamenti, io e mia moglie Roberta abbiamo desiderato delle vacanze di riposo e tranquillità. Ci aspettano passeggiate tra i boschi, gite al lago e pomeriggi piovosi da trascorrere in casa, a godere del rumore e del profumo della pioggia.

Fino al 3 Agosto, quindi, mi sarà impossibile collegarmi ad Internet o rispondere alle vostre mail. Se avete qualche cosa di estremamente urgente da comunicarmi, scrivetemi entro domenica mattina.

Un abbraccio a tutti e buona estate!!

I fiori stellati di Sedum spectabile sono riuniti in corimbi rotondeggianti. Foto di Andrea Mangoni.

Il Sedum spectabile è quel tipo di pianta che ora va molto meno di moda, e che veniva invece molto spesso coltivato nei giardini delle nostre mamme e nonne. Ma questa pianta grassa, della famiglia delle Crassulaceae, ha molto da offrire anche al giardino naturale: essa è infatti una delle migliori piante da inserire in un butterfly garden, il giardino delle farfalle.

Proveniente dall'estremo oriente, questa pianta succulenta si caratterizza per il colore verde chiaro, gli steli carnosi e le spesse foglie ovaliformi. Ma risiede soprattutto nella fioritura, che avviene proprio in questo periodo, il suo attributo più prezioso per un giardino naturale. I piatti corimbi rotondi di fiori rosa o rossi, a forma stellata, forniscono infatti cibo abbondante per farfalle, api e moltissimi altri insetti. Una pianta che non dovrebbe mancare, quindi, in nessun giardino che si proponga di attirare e sfamare questi animali.

La coltivazione di queste perenni è piuttosto semplice: richiedono un'esposizione in pieno sole e si adattano a tutti i terreni, ma gradiscono di più quelli poveri e ben drenati, e per questo sono molto adatte anche ai giardini rocciosi. In estate gradiscono innaffiature regolari, ma si adattano anche a condizioni più aride. La riproduzione si può effettuare per talea di foglia, oppure raccogliendo i semi al termine della fioritura della pianta. Può anche essere agevolmente coltivata in vaso.

Il mio consiglio? Coltivatela in una bordura, formando con essa ampi cuscini, e piazzandole davanti a specie che forniscano un bel contrasto cromatico: sono a mio avviso molto indicate alcuni rappresentanti del genere Achillea, dalle belle foglie finemente laciniate, e Buddleja davidii "nanho blue": in questo modo formerete un tris di essenze che non mancherà di attirare farfalle ed altri insetti nel vostro giardino!

Alcune piante di Sedum spectabile in piena fioritura. Foto di Andrea Mangoni.

Rana latastei, diffusa quasi esclusivamente nel settentrione d'Italia. Foto di Andrea Mangoni.

Immaginate le risaie della Lombardia e del Piemonte, 200.000 (duecentomila) ettari di acquitrini che forniscono vita, cibo e riparo a milioni di creature: invertebrati, pesci, anfibi, rettili, uccelli... Un vero e proprio paradiso naturale per quelle specie che hanno visto la distruzione degli habitat paludosi naturali.

Bene, ora immaginate che questi DUECENTOMILA ettari di risaia possano essere avvelenati con un composto che distrugge ogni crostaceo, insetto, anfibio o pesce presente nell'acqua.

Fatto? Purtroppo, credo che per alcuni non debba essere stato difficile da immaginare. Perché tutto questo è appena successo.

Un piccolo coleottero americano, il punteruolo del riso (Lissorhoptrus oryzophilus), stava seriamente minacciando la produzione di riso di Piemonte e Lombardia. E' stato quindi deciso di combattere questi animali adottando l'uso di un prodotto particolare, il CONTEST, un pesticida nella cui etichetta si legge: "altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico". L'Ente Nazionale Risi ne ha richiesto l'estensione provvisoria eccezionale di 120 giorni, fino al 28 luglio. Il principio attivo del contest è la cipermetrina (cypermethrin), un piretroide che come tale agisce sugli artropodi, come crostacei, insetti ed aracnidi. Ma non basta: Greulich & Pflugmacher* hanno studiato l'effetto di questa sostanza sugli embrioni e sui girini degli anfibi, rilevando come essa sia correlata a deformità, cambiamenti comportamentali e mortalità. Inoltre, Khan, Farina & Imtiaz** hanno verificato come tanto negli anfibi quanto nei rettili questa sostanza produca una diminuzione nella sintesi di proteine e nell'attività colinesterasica, rendendo chiaro come queste sostanze agiscano in maniera drammatica anche in organismi diversi da quelli "target" cui sono destinate.

Il WWF ha già inviato alla Comunità Europea una segnalazione, chiedendo l'apertura di una procedura di infrazione a carico dell'Italia per il mancato rispetto delle Direttive comunitarie "Uccelli”, "Habitat”, “Acque" ed "Acque sotterranee".

Purtroppo, però, tutto questo arriverà troppo tardi: il veleno è già utilizzato fin dal mese di marzo. Cosa ne sarà di tutti gli invertebrati d'acqua dolce che abitano queste risaie?? Coleotteri, libellule, cimici d'acqua, ragni, crostacei di ogni forma e dimensione, dalle comunissime pulci d'acqua ai rari e preistorici Tryops; tutte le loro popolazioni subiranno gli effetti di questa catastrofe per la biodiversità. E oltre a loro, anfibi, pesci e rettili... quanti endemismi rischieranno di sparire? Ricordiamo che tutti questi animali sono compresi come specie protette nelle Direttive Europee di salvaguardia delle specie minacciate. E, senza le basi della catena alimentare, come sopravviveranno mammiferi ed uccelli, che di questi animali si nutrivano?? Un solo dato per far riflettere: queste risaie venivano frequentate dal 60% delle cicogne nidificanti in Italia.

Non lasciate che questa notizia passi inosservata; fatela girare, perché ora più che mai è importante che simili eventi, che possono distruggere la biodiversità del nostro Paese in maniera quasi radicale, non debbano più accadere.

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Ringrazio i ragazzi ed i colleghi della mailing list di Erpetologia di Yahoo, che mi hanno fatto conoscere questa notizia.

*Greulich, K., & Pflugmacher, S. (2004). Uptake and Effects on Detoxication Enzymes of Cypermethrin in Embryos and Tadpoles of Amphibians. Archives of Environmental Contamination and Toxicology, Volume 47, Number 4, pp. 489-495(7).

**Khan, M. Z., Farina, F. & Imtiaz, A. (2002). Effect of Cypermethrin on Protein Contents in Lizard Calotes versicolor in Comparison to That in Frog Rana tigrina. Journal of Biological Sciences , 2 .

La bellissima libellula Calopteryx splendens. Foto di Andrea Mangoni.

La sexo£a ed il coàro. Foto di Andrea Mangoni.

Tutto preso dalla ricerca di un badile per trapiantare un clerodendro ribelle, l'altro ieri mi sono imbattuto (nella rimessa degli attrezzi) in un piccolo, vecchio tesoro di nonno Pietro.

E' il coàro, un corno di vacca, o meglio l'involucro corneo che lo ricopriva, con dentro una lunga pietra squadrata che si assottiglia alle estremità. Si tratta della vecchia pietra che lui usava per affilare la falce quando era in campagna, ancora riposta nel suo vecchio ed originale fodero, oramai sommersa di polvere e sporco. Poco lontano, un pezzo di legno cilindrico, che sembra fragile come una spumiglia, si è rivelato essere il manico di una grande séxo£a*, l'ampio falcetto a mezzaluna per la raccolta del grano, con la lama arrugginita e sbeccata.

Sono solo oggetti, è vero, ma parlano della storia della mia famiglia più di millemila libri. E mi dispiace vederli così, a languire in un deposito sotto polvere e immondizia. Così nasce l'idea: perchè non provare a ripulirli e recuperarli? Neanche a dirlo, i due attrezzi prendono la via del mio appartamento, mentre io, speranzoso, penso già di cercare qualche indicazione in merito su iternet.

Il corno e la pietra per affilare la falce. Foto di Andrea Mangoni.Ma le cose non sono così semplici: a quanto pare, chi ha avuto la mia stessa idea non ha mai pensato di rendere partecipi gli altri... o almeno, io non trovo nulla in tal proposito. Per cui provo a fare un paio di telefonate a persone che credo possano saperne qualcosa, e ricevo tutta una serie di consigli che, insieme, mi permettono di ottenere un risultato decente. E così ho pensato di passare queste informazioni anche a voi, nella speranza possano risultarvi utili. Ecco l'elenco dei materiali utili:

  • Acqua e sapone
  • Guanti di lattice
  • Uno sgrassatore (io ho usato quello della Stanhome)
  • Un po di benzina
  • Una paglietta o una spazzolina metalliche
  • Un panno o uno straccio
  • Olio paglierino
  • Preparato anti tarlo
  • Pasta di legno
  • Smalto trasparente spray (io ho usato quello della Ghibli)

Dopo aver indossato i guanti ed aver accuratamente lavato con acqua e sapone gli oggetti in questione, li ho puliti di nuovo con lo sgrassatore, quindi li ho risciacquati e lasciati asciugare.

Per il corno di mucca, il più era fatto: è bastato lucidarlo con tre-quattro passate di olio paglierino, ed era già pronto per la verniciatura finale. La pietra invece è stata solo lavata e fatta asciugare.

Il falcetto, o séxo£aPer la séxo£a le cose sono state un pò più complesse. Dopo lavaggio e sgrassatura, ho passato la lama con lo straccio intinto nella benzina, quindi ho energicamente strofinato la lama stessa con la paglietta metallica, fino a eliminare il grosso della ruggine; quindi ho ripetuto altre tre volte il procedimento, fino ad ottenere il risultato desiderato, e da ultimo ho ripassato nuovamente il metallo con la benzina. Poichè lo scopo non era quello di ottenere uno strumento da lavoro ma un... complemento d'arredo, il filo della lama non è stato rifatto col modo tradizionale, cioè battendolo con un martello, ma è semplicemente stato reso più regolare con l'utilizzo dell'apposita pietra. Il manico invece, prima di ricevere (come il corno) tre mani di olio paglierino, avrebbe dovuto essere trattato con l'antitarlo, siringando l'insetticida all'interno dei fori e lasciando asciugare... Io lo ammetto, non l'ho fatto. Volendo, con la pasta di legno sarebbe stato possibile anche chiudere i buchi degli insetti, ma a me piaceva di più così. Quindi, dopo aver dato l'olio paglierino e aver lasciato tutto ad asciugare una notte, è stato sufficiente dare a tutto una mano leggera di smalto acrilico trasparente; tanto questo passaggio quanto quelli con la benzina sono stati eseguiti all'aperto, per evitare di inalare esalazioni pericolose. et voilà! I due vecchi attrezzi dimenticati hanno preso una nuova vita. Ora potranno essere appesi e ricordare, a chi li guarda, di quanta Storia sia stata fatta tramite essi. E chissà che un giorno non possano nuovamente tornare all'opera...

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*Nota bene: per il nome dialettale del falcetto, è stato deciso di adottare come trasposizione scritta il termine séxo£a, in cui la "X" dovrebbe essere letta come una "S" tendente nel suono ad una "Z", e la "£" (corrispondente alla "L" nel dialetto veneziano) come una "E" strascicata.

Ancora la sèxo£a col coàro. Foto di Andrea Mangoni

Sono stato promosso al ruolo di...chioccia! Foto di Roberta Maieli.
Orbene, prima delle meritatissime ferie (SI'! SI'! FERIE!!), credo sia giusto fornire un aggiornamento sulle tante cose che stanno succedendo nella mia campagna e nel mio pollaio.
Come si può vedere dalla foto qui sopra, i pulcini delle prime due schiuse dell'anno hanno scelto una nuova chioccia: me. A quasi due mesi, per esigenze di spazio ho dovuto lasciare i piccoli con i tacchini e le galline adulte... per fortuna, senza troppi problemi. Ma questi piccini, allevati in gabbia senza la chioccia, si sono evidentemente abituati a me, ed ora rappresento per loro una sorta di "figura materna", o più probabilmente sono ai loro occhi un'eccellente modo per sfuggire alle attenzioni degli abitatori più grossi del pollaio. Infatti, al mio arrivo mi si affollano attorno ai piedi, cercando di vedere se ho portato loro qualcosa di buono. Quando poi mi accovaccio, loro mi vengono tutti sotto e attorno, facendosi accarezzare senza problemi e godendosela del fatto che i polli più grandi, molto selvatici, mi stanno a ragionevole distanza.
La chioccia, in attesa di vedere i suoi figli adottivi. Foto di Andrea Mangoni.I pulcini della terza covata, otto in tutto, sono stati spostati in una grande gabbia di un metro quadro, dove passeranno il prossimo mese; la loro mamma adottiva, la chioccia di Black Jersey Giant, è stata riportata nel recintino del consorte, dopo un mese. Nella loro gabbia è invece finita una nuova chioccia ibrida, che si occuperà dei 7 pulcini nati oggi e di quelli che nasceranno tra domani e domenica!
Tutto qui per il pollaio? No, perchè la femmina dei tacchini bronzati dei Lessini ha ripreso a deporre, e siamo a quota sette uova! Quasi certamente una volta arrivata a 12-13 inizierà a covare. Stavolta vedremo, dopo 3 covate fallimentari, se il nuovo nido che mi sono inventato servirà a qualcosa!
Margherite di campo e caglio zolfino, piantati in campagna. Foto di Andrea Mangoni.Passando alla campagna, ho finalmente trapiantato qui le prime margherite di campo ed il caglio zolfino: dopo anni, finalmente queste piante torneranno a fiorire nei miei campi!! mi sono premurato di pacciamare tutto intorno a loro con erba secca, in maniera da garantire un migliore attecchimento. Inoltre, tutte le settimane annaffio il piccolo gruppo con 5 litri d'acqua: va bene che quest'estate è anomala ed umida, ma non voglio correre rischi.
Le margotte in fieri sul salice cenerino. Foto di Andrea Mangoni.Vista poi la difficoltà nel riprodurre per talea il salice cenerino, ho pensato bene di tentare un'altra via: la margotta. Così, dopo aver inciso la corteccia di due rami, ho avvolto gli stessi con manicotti di plastica ricavati da due sacchetti trasparenti, che ho fissato saldamente ai rami con un legaccio stretto di fil di ferro a livello della ferita circolare fatta in precedenza. Poi ho riempito il manicotto di terra e l'ho legato con un legaccio di gomma morbida, superiormente. In questo modo, spero di causare un'accumulo di nutrienti di ritorno nella zona superiore al legaccio e di stimolare l'emissione di nuove radici. In autunno proverò a vedere, e se la radicazione sarà avvenuta (come spero) con successo potrò disporre, una volta tagliati i rami sotto il legaccio inferiore, di due belle piantine da trapiantare, una lungo la riva e l'altra probabilmente nel mio nuovo giardino.
Già, perchè ora c'è anche il nuovo giardino! Sto cercando, coinquilini permettendo, di dare una nuova impronta a questi rettangolini di terra. La mia idea è quella di dar vita a qualcosa di un pò particolare, una commistione spuria di piante commestibili, fiori selvatici ed essenze da giardino. Così, ad esempio, ho già popolato un angolino infelice con emerocallidi fulve, margherite di campo e menta; sto ripicchettando le viole, per creare con esse un fitto tappeto, ed ho portato qui anche i vecchi narcisi di nonna Elvira, quelli mezzi selvatici che aveva nella sua vecchia corte, piantati in piccoli gruppi, qua e là, così come del resto ho fatto per l'aglio delle vigne, ottenuto dai bulbilli di una fioritura della mia campagna. Su tutto dominano i clerodendri e la nepeta, mentre nel prato stento ho seminato il trifoglio.
Così, in attesa di rilassarmi all'ombra delle Dolomiti Cadorine, continuo a lavorare. Alcune delle cose che sto preparando le vedrete tra un pò, per altre ci vorrà più tempo... nel frattempo, buone ferie a tutti!!!
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Per saperne di più:
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I nuovi, bellissimi pulcini! Foto di Andrea Mangoni
La tacchina azzurra. Foto di Andrea Mangoni.

Conversazione 1 (tradotta approssimativamente dal dialetto padovano):

-Buonasera, sig. Rossetto, come sta? Sono Andrea Mangoni.
-Oh, buonasera! Bene grazie. E tu? Ti avrei chiamato io: ho trovato il numero di quell'allevatore che ti dicevo, quello cui ho dato gli incroci dei miei tacchini azzurri coi bourbon e coi neri. Ti interessa ancora? Ti do il numero?
-Si, certo! Grazie mille!! Dove abita?
-Dalle parti di Casalserugo, da quelle parti là. Lui si chiama XXXXX, il numero è ... (seguono altri venti minuti di conversazione sulle mie covate di quest'anno, sulla crescita dei miei piccoli Polverara e tante altre cose).

Conversazione 2 (nuovamente tradotta approssimativamente dal dialetto padovano):

-Buonasera, parlo col sig. XXXXX? Mi chiamo Andrea Mangoni, ho ricevuto il suo numero dal sig. Rossetto, ha presente? L'allevatore di Padova...
-Ah, sì, Bruno. Come no. Sì, mi aveva avvisato che mi avrebbe chiamato qualcuno per i piti. E così le interessavano i tacchini di Rossetto?
-Si, volevo chiederle qualcosa riguardo agli animali che le aveva dato il sig. Rosetto 5 anni fa. Li ha riprodotti? Che colorazioni le hanno dato?
-Guarda, io ho avuto una decina di tacchini riproduttori, nati da quegli incroci. Ne ho avuti neri, bianchi, bianchi con qualche macchia marrone sulle ali, grigio chiari e rossi. Ma adesso ho smesso di allevare, ho tenuto solo un maschio e due femmine bronzate presi al mercato, una femmina grigia e una femmina rossa. Ma in settembre smetto definitivamente, non tengo più nemmeno i polli.
-(Pensiero mio... ma che è, un'ecatombe dei vecchi allevatori? Smettono tutti??)Intanto, grazie per la disponibilità... ma volevo chiederle.. questa tacchina grigia, di che tinta sarebbe? più sul marrone o più sull'azzurro?
-Più sull'azzurro, quasi tinta acciaio... Perchè, ti interessa?
-Bhè, sì forse potrebbe interessarmi molto... Faccio ricerche sulle vecchie varietà di colorazione... Al limite potrebe considerare l'idea di vendermela?
-Ma, penso di sì... intanto vieni a trovarmi, così vedi di persona la bestia. Ha un po' di anni, oramai, non è giovane... il padre credo fosse un bianco, ma li tenevo assieme ad altri. Comunque ti dò l'indirizzo, prendi nota... (segue una breve chiacchierata e l'indirizzo del signore in questione).

Raggiungo il paese, trovo la casa, un po' spersa in campagna, mi trovo davanti ad un signore relativamente disponibile, ma che non mi dà il permesso di divulgarne le generalità. Non vuole che si pensi che lui venda o regali bestie d'abitudine, mi dice.

La femmina rossastra che accudiva i pulcini. Foto di Andrea Mangoni.I tacchini sono medio-piccoli, un maschio bianco, un paio di femmine bronzate, una femmina grigio-rossastra che cura dei pulcini di gallina, ed infine lei... una femmina di tacchina azzurra. Bella, vitale, con qualche traccia di rosso ("regalo" dell'incrocio coi Bourbon?), ma comunque sia... una vera tacchina azzurra di ceppo Rossetto!

Ora è nel mio pollaio. Avrò finalmente modo di osservare uno di questi animali dal vivo! La lascerò coi miei tacchini del Lessini, e aspetterò di vedere se farà una covata autunnale... e cosa, eventualmente, ne uscirà. Mi auguro davvero, tantissimo, di poter riuscire ad ottenere tramite successivi incroci di ritorno qualche altro capo azzurro, magari piccolo, della taglia dei Lessini... Ma qui sto già guardando troppo avanti! Intanto, godiamoci questa piccola meraviglia!

La tacchina azzurra. Foto di Andrea Mangoni.

Come diceva Pieraccioni ne "Il Ciclone", nei paesi piccoli si sa come vanno le cose: si fa presto a diventare, volenti o nolenti, dei... personaggi. Per cui non c'era nulla di strano se nella mia via non pochi sapessero della mia passione per gli animali, e finissero per chiamarmi per risolvere i dubbi più strani, da chi fosse lo strano tipo di sgorbio plurigambuto che minacciava la vasca da bagno a come depipistrellare una terrazza.

Così non mi stupii più di tanto quando, oramai molti anni fa, la figlia di una vicina suonò al cancello di casa mia con in mano un grosso bozzolo di seta bruna, durissimo, staccato a fatica dal rientro di un gradino esterno. Riconobbi immediatamente nell'occupante di quel letto sericeo una crisalide di pavonia minore italiana (Saturnia pavoniella), anche se all'epoca non seppi distinguerne il sesso. La misi in un vaso di vetro col fondo ricoperto di sabbia, lo tenni all'aperto, soot il portico di casa, e poi, un bel giorno di primavera, ecco lì ad attendermi una grossa falena grigia, con un vistoso occhio dipinto su ogni ala.

La pavonia minore italiana è stata solo recentemente riconosciuta come specie separata dalla pavonia minore diffusa in Europa. Huemer & Nässig, nel 2003, basandosi su un lavoro del 200o di Jost, hanno sancito ufficialmente il "distacco" di Saturnia pavoniella e Saturnia pavonia basandosi su differenze di colorazione, della forma dei genitali e sull'infertilità degli incroci F1 di prima generazione tra individui delle due specie.

Queste farfalle mostrano uno spiccato dimorfismo sessuale: le femmine, dall'apertura alare di circa 6-7cm, hanno ali la cui tonalità di base è il grigio; i maschi, sensibilmente più piccoli, hanno ali anteriori sui toni del marrone, ed ali posteriori vivacemente colorate di ocra-arancio. Inoltre, essi possiedono un addome più sottile e grandi antenne piumate. Quando, nei mesi primaverili, gli esemplari adulti abbandonano i propri bozzoli ed escono finalemente all'aria, i maschi iniziano a ricercare attivamente le femmine, guidati dai feromoni che esse rilasciano in abbondanza; per gli allevatori questa è una vera manna, perchè spesso, disponendo di una sola femmina lasciata in una gabbietta all'aperto, si possono ottenere decine di maschi in poche ore. Al termine dell'accoppiamento, che dura parecchie ore, la femmina depone gruppi di uova scure sui rametti delle piante nutrici: rovo, biancospino, pruno, salice e quercia rientrano tutti nello speciale menù di questa specie polifaga. Le uova schiudono entro due settimane, ed i piccoli bruchi scuri, adorni di peli sottili, vivono in gruppo durante i primi stadi di vita; crescendo essi cambiano librea, virandola al verde chiaro con tubercoli gialli che portano lunghi peli sottili. Se disturbati, assumono una tipica posizione arrotolata. In cattività il loro allevamento è abbastanza semplice, ma impegnativo: giunti al termine dello sviluppo, infatti, richiedono grandi quantità di cibo fresco. All'inizio dell'estate il loro sviluppo è completo e cercano un luogo sicuro dove impuparsi (tra i rami, nel muschio o attaccati alle pietre); lì, al sicuro nel proprio bozzolo, attenderanno la primavera successiva per dar vita ad una nuova generazione di pavonie.

Purtroppo, da anni non vedo più questa specie nella mia campagna; ma forse potrò avere quest'anno da un caro amico, il dott. Marco Uliana, che abita in un paese a pochi chilometri da Camponogara, alcuni bozzoli del ceppo locale di pavonia minore; in questo modo spero, il prossimo anno, di poter reintrodurre in alcune aree questi bellissimi insetti. Ho già individuato un paio di luoghi adatti: uno è un'area abbandonata invasa dai rovi, l'altro è - ovviamente - una zona delle mie rive. Non mi resta che attendere, per riportare ancora questi bellissimi animali a volare liberi lungo le siepi della nostra campagna.