Giovane maschio di Polverara tortora. Allevatrice D. O., foto A. Mangoni.

Pochi giorni fa ho avuto la fortuna di far visita a una cara amica allevatrice di Polverara, razze che seleziona da molti anni con ottimi risultati. Ad un tratto, mentre osservavo un gruppo di giovani Polverara bianche, l'occhio mi è caduto su un esemplare dalla livrea differente. Appena più scuro, con una livrea che virava quasi al marrone-grigiastro, e penne ben delineate con tinte marroni sul groppone e sul collo. Era un giovane galletto dai tarsi verde oliva, che sfoggiava inequivocabilmente le caratteristiche di una vecchia e oramai data per scomparsa colorazione nota in passato per la Polverara: la colorazione tortora, oggi conosciuta come caki.

Tracce di questa colorazione nella Polverara sembrano essere davvero antiche. In un quadro di Vincenzo Campi realizzato attorno al 1580 si notano in un angolo due galli appesi, entrambi con caratteristiche facilmente riconducibili all'antica Polverara. Uno dei due sembra essere bianco, mentre l'altro mostra una livrea tortora.

Particolare del quadro "La Pollivendola" di Vincenzo Campi.

In seguito in un vecchio catalogo della ditta Lyon dato alle stampe nel 1893 si legge che tra le livree la Polverara può annoverare anche la colorazione tortora. Dopo questa citazione occorrerà veder passare un secolo prima di ritrovare questa caratteristica nella Polverara.
Dobbiamo infatti arrivare alla fine del XX secolo, quando
Abbiamo spesso parlato di pulcini che nascono, di uova da incubare... ma avete mai visto il momento esatto in cui un pulcino? In questo breve video ecco la schiusa di un uovo di Polverara. Godetevi il piccolo magico momento di questa nascita. A presto!



La trinarola, antico strumento agricolo. Foto Andrea Mangoni.

Capita, durante una ristrutturazione, di trovare qualche oggetto che ci parli direttamente del passato e delle nostre famiglie. Nel mio caso, durante alcuni lavori è emersa dai meandri di un ripostiglio una vecchia trinarola.

Che cos'era la trinarola? Oggi non si usa più, ma un tempo trovava applicaėzione nella coltivazione, ad esempio, del mais. Per quello che mi è stato spiegato da un contadino del posto, veniva impiegata per rivoltare e sollevare il terreno ricoprendo la base delle piante di mais, facendo passare l'attrezzo nello spazio compreso tra due file, o trini appunto, di granoturco; da qui il suo nome. Era un lavoro duro che contemplava due attori principali: l'duomo, che spingeva i manubri nella parte posteriore, e il cavallo, che tirava, davanti, legato al gancio anteriore.

Oggi la trinarola non potrebbe essere più usata, a causa dei diversi sistemi di impianto del mais e delle diverse tecniche colturali, ma assume un valore simbolico, la rappresentazione del cibo ottenuto dai nostri nonno con fatica e sudore, in un lavoro corale che univa duomo e animali come parti integranti di un sistema di agricoltura certo meno redditizia ma altrettanto sicuramente più rispettosa dell'ambiente.

Ancora un dettaglio della trinarola. Foto Andrea Mangoni.
Una gallina cova in un nido fatto con cassette della frutta.

Le galline, in fatto di nidi, sarebbero per loro natura piuttosto esigenti. Che poi si adattino a quallo che noi proponiamo loro, è un altro discorso... ma se dipendesse da loro scegliere, avrebbero idee molto chiare sulle caratteristiche che un nido deve avere. Innanzitutto, deve farle sentire sicure: pareti alte, possibilità di sentirsi riparate e nascoste alla vista, buona areazione, tutte caratteristiche che un buon nido dovrebbe avere. A molti allevatori è capitato di trovare galline in deposizione dentro secchi di plastica, sacchi del mangime, dietro tavolati di legno o nello spazio tra due balle di paglia.

Chioccia che cova in un secchio. Foto di Andrea Mangoni.

In effetti, uno dei nidi migliori può essere realizzato semplicemente con un secchio di plastica, sul cui fondo disporre un paio di zolle di terra sminuzzate e coperte con