Ci sono delle creature che decisamente sembrano raccogliere e rappresentare meglio di altre lo spirito e le stravaganze macabre di Halloween, l'alloctona festa anglosassone che sembra aver conquistato il cuore di tanti italiani. Ed in questi giorni mi sono trovato ad avere a che fare con un paio di loro. Così, anche se Halloween di per sè non mi piace, l'occasione era troppo ghiotta, e voi, da bravi, vi beccate due post su questi "signorini" in maschera.
Domenica scorsa, telefonata di un amico: "Ho trovato un bruco di sfinge testa di morto, vuoi fotografarlo?"
Per onor di cronaca, l'ultimo pezzo della frase non me l'ha davvero detto, ma sappiate che se mi telefonate per dirmi che avete trovato un bruco di sfinge (o qualche altra affascinante creatura) io leggerò sempre come sottotitolo "vuoi fotografarlo?" e mi comporterò di conseguenza. Regolatevi.
Così, la mattina dopo di buon ora sono lì per fotografare l'animale. Ho già avuto modo anni fa di allevare per qualche tempo alcune Acherontia atropos, la sfinge testa di morto, ed il bruco allo stadio finale era qualcosa di... superbo. Giallo limone, con sette strie inclinate blu-violette a segnargli il dorso, due bande nere sugli occhi ed un cornetto aranciato coperto di tubercoli bianchi sul didietro: un quadro di Picasso esploso tridimensionalmente. Purtroppo, l'esemplare individuato dal mio amico era oltre l'ultimo stadio... era a quel livello in cui avrebbe dovuto trovarsi sotto una spanna di terra a costruire il proprio bozzolo. Era meno turgido, meno grosso e soprattutto meno colorato. Ma meritava comunque di essere mostrato. Ora sta riposando nella sua cella sotterranea, in attesa della primavera.
La testa di morto è una delle più grandi falene del nostro Paese, potendo raggiungere un'apertura alare di 14 cm. Prende il nome dal disegno presente sulla peluria del torace, che somiglia vagamente ad un teschio umano. A causa di questa coincidenza, e del fatto che, se afferrata, essa produce uno strano squittio, la testa di morto divenne nel medioevo incarnazione pura del male. Si diceva addirittura che sussurrasse all'orecchio delle streghe il nome di chi sarebbe morto di lì a breve. Come se non bastasse, Thomas Harris la utilizzò come simbolo nel suo thriller "Il silenzio degli innocenti"..... proprio un perfetto animale da Halloween! In verità, le uniche creature che possono davvero temere questo lepidottero sono le api: infatti esso penetra negli alveari e, con la suo proboscide corta e spessa, perfora le cellette opercolate e ruba il miele. La fitta peluria le permette spesso di uscire incolume dalle sue scorrerie, ma più di qualche apicoltore ne ha trovato il cadavere mummificato nell'arnia, uccisa dalle punture delle api.
I grossi bruchi vivono sulle solanacee e sulle oleacee, e possono mostrarsi in un paio di generazioni all'anno. A fine sviluppo scavano nel terreno una galleria, al termine della quale costruiscono una cella dalle pareti levigate in cui avviene la trasformazione in crisalide. Questa, dopo un paio di settimane (se estate) o dopo il lungo inverno, darà vita ad una nuova generazione di piccoli banditi alati.
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