
Nei prati assolati dei paesi mediterranei non è difficile incontrare, in questa stagione, le prime, saltellanti mantidi religiose (Mantis religiosa). Stanno uscerndo adesso dall'ooteca, quel complesso ed accogliente nido che la loro madre ha costruito col proprio corpo e che le ha protette per tutto l'inverno da freddo, gelo e umidità. Le attende un estate breve e intensa, in cui dovranno crescere rapidamente facendo strage, attorno a sè, di piccoli insetti e - talvolta - anche di propri consimili.
Nota fin dai tempi più antichi, la mantide ha da sempre affascinato l'uomo per il suo aspetto inconsueto e per le sue particolari abitudini riproduttive. La sua peculiare posa di attesa della preda, così simile a quello di un essere umano in preghiera, le ha valso nomi diversamente correlati alla religione: l'appellativo "religiosa" è solo l'ultimo di una lunga serie, che vanno da "pregadio" a "indovino", da "veggente" a "strega". Eppure, l'atteggiamento della mantide è tutt'altro che volto alla preghiera: in quella posizione particolare, infatti la mantide attende che le passi a portata di... zampa una preda: un insetto o anche a volte, un piccolo vertebrato, per allungarsi fulminea ed afferrare il malcapitato con le zampe anteriori, modificate per la presa (zampe anteriori raptatorie). La velocità raggiunta dalla mantide nella fase di attacco è impressionante: a volte tutto si svolge in un venticinquesimo di secondo!
La mantide adulta può raggiungere gli otto centimetri e predare persino piccole lucertole, ma le giovani devono compiere, per accrescersi, tutta una serie di mute, processi tramite i quali gli insetti grazie ad un complesso sistema ormonale generano un nuovo esocheletro abbandonando quello vecchio e diventando più grandi. Alla fine dell'estate, con l'ultima muta, la mantide acquisisce, oltre alle ali, la facoltà di riprodursi. E qui viene il bello: da sempre le femmine di questa specie vengono tacciate di essere delle feroci killer di poveri mariti innamorati... ma è davvero così? La risposta è un pò più complessa di quanto si possa credere.
Infatti, sebbene la mantide non disdegni di trastullarsi, durante l'amplesso, mangiando un maschietto particolarmente appetitoso, è anche vero che di norma in natura l'accoppiamento di due mantidi termina con pari soddisfazione per entrambi i partner, che si lasciano ancora vivi e vegeti. L'alta frequenza degli accoppiamenti "cannibali", verificata da certi autori in condizioni di cattività, è spesso da attribuirsi ad una cattiva alimentazione della femmina. C'è da dire anche che il maschio della mantide offre validi motivi, alla propria compagna, per farsi divorare.
Primo, è un bel concentrato di succose proteine: cosa che fa effettivamente gola ad una femmina che si appresta a deporre diverse centinaia di uova. Secondo, divorando la testa del maschio la femmina ne elimina i gangli nervosi inibitori, lasciando libertà d'azione ai centri nervosi toracici ed addominali che controllano il comportamento riproduttivo... in pratica, un maschio decapitato è un maschio più focoso (attenti, vale solo per le mantidi!!).
Sia quel che sia l'esito dello sposalizio, la femmina si appresta dopo pochi giorni a deporre le uova. Allo scopo essa cerca un posto riparato, sotto una roccia sporgente, un ramo o un groviglio di sterpi; quindi inizia meticolosamente a deporre le uova circondandole con una sostanza spugnosa che secerne lei stessa e che "monta a neve" con i cerci addominali, fino ad ottenere un rivestimento costituito da tante camere d'aria che proteggeranno le uova dagli eventi atmosferici e da molti predatori, rivestimento che prende il nome di ooteca, appunto. E dopo un inverno ed una primavera passati a svilupparsi, la nuova generazione compirà il proprio destino venendo alla luce in giugno e donando ai nostri prati una nuova stirpe di predatori lillipuziani.
