Appunti di Avicoltura: la vecchia caponàra o stìa.

Una caponàra sapientemente intrecciata. Foto di Andrea Mangoni.
La grandezza dei nostri nonni spesso stava nel saper sfruttare al meglio il poco a loro disposizione per poter ottenere i migliori risultati con il minor spreco possibile. L'avicoltura di un tempo non faceva eccezione: poche certezze, tanto lavoro, e tantissimo ingegno. Così, nelle lunghe sere invernali si fabbricavano davanti al fuoco quegli strumenti che sarebbero stati indispensabili l'anno successivo.
Tra questi, uno dei più utili era la cosiddetta caponàra, quella che in Romagna si chiamava e cròin (grazie, Pierins!) e che in Toscana ed in altre parti d'Italia veniva chiamata stìa. Si trattava, in pratica, di una grossa gabbia circolare di rami intrecciati, che serviva a lungo ed in maniere diverse per l'allevamento dei pulcini.
Quando la chioccia era lasciata libera di razzolare in campagna col suo seguito di pulcini, il rischio reale era che si spostasse troppo, facendo sì che i piccoli si andassero a stancare. La contadina (perchè di solito erano le donne ad occuparsi dei polli) allora metteva la chioccia dentro la caponàra. Le maglie di questo attrezzo, troppo larghe per lasciar passare la gallina adulta, lo erano invece abbastanza per permettere ai pulcini di scappare fuori a becchettare erba, insetti e sementi, dando loro modo di tornare a piacimento sotto le ali della mamma al primo richiamo di quest'ultima. Non appena, invece, i piccoli erano robusti e forti da poter scorrazzare liberamente, all'interno della caponàra finiva un piattino con il mais tritato destinato ai pulcini. Così i polli adulti non sarebbero stati in grado di arrivare a mangiarlo, mentre i pulcini ce l'avrebbero fatta senza problemi di sorta passando attraverso le sbarre.
Infine, quando i pulcini erano oramai diventato dei grossi pollastrelli, la caponàra svolgeva un ultimo compito: una volta aggiuntole un fondo, diventava un'eccellente gabbia in cui mettere i vari avicoli da portare a vendere al mercato. In questo modo, e con la vendita delle uova, tante massaie potevano ricavare il necessario per la spesa in tempi di grande miseria. E se lo potevano fare, era anche grazie a questo ingegnoso strumento.
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Oggi questi attrezzi sono solo dei preziosi elementi decorativi per la casa di campagna, diventati rari a causa della mancanza di persone dotate delle conoscenze per realizzarli. La caponàra o stìa della foto è stata realizzata da un maestro nell'intrecciare salici e rami di altre essenze: Roberto Bottaini, esperto nel realizzare cesti della tradizione toscana. Potrete contattarlo a robertobottaini@yahoo.it, così come potrete ammirare altri suoi lavori nel suo sito personale, in cui egli spiega anche alcune delle tecniche di intreccio alla base dei suoi lavori. Non mancate di visitarlo!
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Andrea
In casa abbiamo una vecchia caponara ma non sapevamo come si usasse esattamente! Ora con 8 pulcini nati da poco penso che la useremo magari x i primi inserimenti in pollaio.
Qui da te abbiamo trovato tanti consigli davvero utili,grazie!
dal veneto

Andrea Mangoni ha detto...

Ciao! Sono felice che abbiate trovato buoni spunti nel mio blog! Vi chiedo un favore, se possibile: potreste fare qualche foto alla caponara in questione ed inviarmela? sono molto interessato ai vecchi strumenti agricoli, ed un "sogno nel cassetto" è anche l'apertura di un piccolo museo della civiltà contadina. Le foto possono essere inviate a info@oryctes.com. grazie mille e ciao!