A sinistra di questa piccola baia, a circa cinquecento metri dalla spiaggia, c'era un'isola, Pondikonissi, ovvero l'"Isola dei topi". Come forma ricordava un triangolo isoscele, ed era fittamente coperta di antichi cipressi e cespugli di oleandro che si affacciavano su una chiesetta bianca come la neve e la sua minuscola canonica. Sull'isola abitava un vecchio monaco, un tipo piuttosto sgradevole, che portava una lunga tonaca nera e un cappello a cilindro, la cui funzione principale pareva quella di suonare di tanto in tanto la campana della chiesetta e la sera andarsene remando lentamente fino al vicino promontorio, dove sorgeva un piccolo monastero abitato da tre anziane suore. [...] Poi al tramonto, quando il sole calando trasformava le calme acque attorno all'isoletta in un lenzuolo multicolore di seta cangiante, remava tornando a casa, come un corvo nero e ingobbito dentro quella sua barcaccia scricchiolante e sconnessa.Gerald Durrell, L'Isola degli Animali, Guanda (1995)
Arrivando a Corfù con l'aereo, nel settembre del 2008, la prima cosa che vidi e che riuscii ad identificare fu proprio Pontikonissi (o Pondikonissi), che scura dominava la piccola baia vicina all'aereoporto, resa rossa e violetta dal tramonto. Nei giorni successivi, percorrendo più e più volte la strada lungo la costa, continuammo a vederla e a considerarla un piccolo punto di riferimento: di fronte a lei, sulle colline, si trovava il villaggio di Kanoni; proseguendo un poco, verso nord, si arrivava alla periferia di Corfù Town. Un giorno, finalmente, decidemmo di fermarci un attimo e di prenderci un pomeriggio per farvi una capatina. Lasciata l'auto presso il parcheggio di un bar, scendemmo il sentiero che dalla strada portava alla baia. Qui, un servizio di traghetto con piccole e pittoresche barchette trasportava i turisti sull'isola, all'esorbitante prezzo (;-)!) di 2 € a testa (andata e ritorno). Il mare attorno all'isola era uno specchio, con acqua bassissima e cristallina, ricco di ogni forma di vita marina; nella calura del pomeriggio, era un vero peccato non potercisi immergere!
L'isola era piccola, avviluppata da una selva di mirto, oleandri, cipressi e pini d'Aleppo; sul lato nord-ovest, dove il mirto diradava, il finocchio marino invadeva gli scogli e le rare lucertole si sdraiavano sonnacchiose in attesa della prossima preda. Le scale bianche, accecanti nel sole pomeridiano, portavano alla cima del minuscolo colle dove sorge il monastero. E' ancora lì, intatto e bellissimo; pareva di dover vedere da un momento all'altro il bellicoso monaco ortodosso uscire a gridare qualche epiteto corfiota ai turisti. Ma nulla, niente monaci, niente sacerdoti; solo gli ex voto appesi di fronte al ritratto del Cristo fanno capire che la chiesetta occupa ancora un posto ben saldo nella spiritualità degli abitanti di Corfù.
Trascorremmo un'ora meravigliosa tra il verde che circondava il monastero, il muretto che cingeva l'isola e su cui si poteva prendere il sole, la fresca oscurità dell'interno della chiesetta, il mare limpido e sfavillante di riflessi. Riprendere la barca per tornare indietro fu davvero poco invitante. Per noi rimarrà invece sempre un mistero il significato del suo nome: non vedemmo un topo nemmeno a pagarlo!
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