Biodiversità in campagna: le cavolaie, candide devastatrici.

Una Pieris brassicae su salvia. Foto di Andrea Mangoni.

Venerdì scorso, orto dei miei genitori, stralcio della conversazione con mamma.

-Andrea, vedi un po' cosa sono quei vermi, o bruchi, non so... sono sulle foglie di cavolo.

-(dopo aver osservato i bruchi in questione) Ah, sì, sono belli... sono bruchi di cavolaia.

-Se ti interessano prendili, 'ché sennò li faccio fuori, perché mi stanno mangiando tutti i cavoli.

-Ma non potresti lasciarli lì un altro po'? Tra poco fanno crisalide, non mangiano più tanto...

-...

-Lo prendo come un no, vero?

Foglia di cavolo trasformata in merletto dai bruchi di cavolaia. Foto di Andrea Mangoni.Ecco, è andata più o meno così. In effetti, spiegare a qualcuno che gli amati cavoli, cui ha dedicato cure e attenzioni per settimane, dovrebbero continuare ad essere mangiati da insolenti piccoli bruchi solo per poter vedere qualche farfalla in più in primavera, è un'operazione che di norma comporta qualche piccolissimo problema. E per di più le cavolaie sono davvero ancora abbastanza comuni, per cui... Però queste farfalline mi stanno sempre e costantemente simpatiche. Sarà perché sono tra le prime farfalle che ho inseguito a perdifiato nei campi, da bambino, sarà perché sono tra le prime specie a comparire in primavera, e tra le ultime a svanire con l'autunno...

Le comuni cavolaie sono farfalle appartenenti alla famiglia dei Pieridi, molto diffuse e legate nei primi stadi vitali principalmente a piante della famiglia delle brassicacee... quindi cavoli, cavolfiori, cappucci e compagnia bella. Pare che le mamme cavolaie siano irresistibilmente attratte nella scelta della pianta cui affidare le proprie uova da certe sostanze aromatiche prodotte proprio da questa famiglia di vegetali. In alternativa anche dei Tropeolum sono visti come potenziali nursery, ma i cavoli rimangono sempre la prima scelta di questi insetti... ragione questa del motivo per cui sono stati così ampiamente detestati da generazioni di orticoltori.

Bruco di Pieris rapae. Foto di Andrea Mangoni.I bruchi trovati da mia mamma sono gli stadi giovanili di Pieris brassicae, la cavolaia maggiore, la specie più grande presente da noi (tra i 5 ed i 6 cm di apertura alare). Vi sono erò ovviamente anche altre specie, come ad esempio Pieris rapae, più piccola e con bruchi di un tenero verde chiaro chiazzato di giallo, molto più mimetici di quelli della cugina maggiore. Anche questa specie in effetti frequenta il nostro orto, ma meno vistosamente e con minori danni per le verdure... Anche se in verità erano anni che non trovavo una nidiata così numerosa di cavolaie maggiori. questa è ovviamente la seconda generazione dell'anno; la prima si era sviluppata tra la primavera e l'estate, passando un breve periodo nello stadio di crisalide. Ora invece il sonno della pupa sarà più lungo, ammesso che non venga interrotto da qualche uccelletto predatore...

Ma come fare per risolvere l'amletico dubbio con mamma e salvare capr... pardon, cavolaia e cavoli? Semplice: i bruchi, oramai prossimi alla metamorfosi, saranno trasferiti in una gabbietta e nutriti con brassicacee selvatiche e foglie già danneggiate di cavolo, fino a che non si impuperanno; quindi le crisalidi saranno portate in campagna e lì lasciate svernare in un luogo riparato. E l'anno prossimo, per prevenire piccole tragedie, seminerò un filare di cavoli lungo la riva, in maniera da potervi trasferire quelle sconsiderate nidiate di bruchi che tenteranno di insidiare le piante nell'orto di famiglia.

Bruco di Pieris brassicae. Foto di Andrea Mangoni

3 commenti:

giovanni ha detto...

Ma come fare a salvare Cavolaie e cavoli ?
Semplice in natura ci pensano gli uccelli insettivori ma l'imbecillità umana ci pensa a rovinare pure questo.
Qui in Lombardia ed in Veneto vengono impallinati milioni di fringuelli, peppole, pispole, preziosi difensori dei boschi di tutta Europa

Andrea Mangoni ha detto...

Ciao Giovanni, hai ragione, purtroppo la caccia, specie nelle nostre regioni, è fin troppo diffusa e di cacciatori che non sanno distinguere - o non vogliono distinguere - un fringuello da un passero ce ne sono fin troppi. Ma ci sono dei pericoli ancora maggiori: mi riferisco all'utilizzo di pesticidi e diserbanti che minano alla base la nostra biodiversità più di tutti i cacciatori possibili. Vorrei ri-segnalare questo mio vecchio post, su un tipo di pesticidi che è stato utilizzato quest'anno nelle risaie del nord Italia:
http://oryctesblog.blogspot.com/2009/07/un-attacco-gravissimo-alla-biodiversita.html
ciao!

emiliano ha detto...

Secondo me non su dovrebbe sparare neppure ad una formica, figuriamoci un passero..