Ottobre è arrivato, gentile come il profumo degli ultimi fiori di buddleja. Le giornate si accorciano drasticamente, torna a farsi vivo quel sapore, nell'aria, che preannuncia il desiderio di rintanarsi accanto alla stufa o al camino. I polli sono tutti impietosamente in muta, di uova non se ne vedono più, solo la tacchina sembra più inquieta del solito, e a volte sparisce...
Finalmente, dopo settimane, trovo il tempo per tornare alla MIA campagna. I cani mi seguono, per loro ogni uscita è una gita memorabile; magari sognano di trovare le belle cagnette di Elio, uno dei miei "vicini di campo". Mi avventuro lungo il fossato, e constato con enorme soddisfazione che le piante hanno retto bene all'estate, e che anche gli ultimi trapianti di settembre hanno bene attechito. Ma il fossato di un altro contadino mi colpisce, da lontano, per il suo mutamento: sembra non avere più, infatti, la belle siepe che lo cingeva. Mi avvicino attraverso le zolle invase dai rimasugli del mais raccolto, e scopro che gli alberi sono stati tutti drasticamente potati. Cerco con lo sguardo un vecchio amico, un albero imperioso che certo resiste da decenni, sperando che non abbia subito la stessa sorte, e con grande sollievo, lo ritrovo.
E' un enorme nespolo (Mespilus germanica) dal tronco nodoso quasi completamente soffocato dall'edera. i rami non salgono al cielo, ma si dipanano a raggiera intorno a lui, protendendosi verso il basso come tentacoli di una piovra, privi di foglie ma ricoperti di frutti bulbosi che ricordano i cinorrodi delle rose. E' - credo - uno dei più antichi alberi da frutto nel raggio di chilometri; piantato chissà quanti anni fa da un contadino speranzoso lungo la riva del fossato, continua imperterrito a produrre i suoi frutti anche ora che nessuno li raccoglie più, e che rimangono silenziosi sui rami per tutto l'inverno.
Negli anni scorsi ho tentato più volte di riprodurre questo decano per talea, senza riuscirci. E ogni anno il timore è quello di non ritrovarlo più vinto dalla motosega o dall'edera. Quest'anno ho deciso di provare due strade diverse, e così, prima di andarmene, stacco un paio di rametti carichi di frutti e me li porto a casa.
Il nespolo è una pianta di origine caucasica ma coltivata da tempo immemorabile e diffusa dai Romani in tutta Europa. Appartiene alla famiglia delle Rosaceae, può raggiungere i 5 metri di altezza e in maggio si ricopre di fiori bianchi a 5 petali che, in autunno, danno origine a drupe marrone chiaro che contengono 5 semi grossi e legnosi. Le nespole vanno raccolte in tardo autunno, ma risultano troppo dure e cariche di tannini per poter essere consumate immediatamente. Occorre perciò farle ammezzire, cioè lasciarle maturare tra la paglia fino alla fine dell'inverno, in modo che in esse avvenga la fermentazione che ne porterà la buccia ad essere di color marrone scuro e la polpa a divenire tenera e dolciastra. E' questa dunque l'origine del famoso detto: "col tempo e la paglia, maturano le nespole". Possono essere consumati come dessert, o trasformati in marmellata, unendo una pari quantità di frutti maturi (sbucciati e privati dei semi) e zucchero e fatti cuocere fino a raggiungere la giusta densità.
La sua riproduzione è... un pò più complessa. Per poterla moltiplicare da seme, infatti, occorrerebbe utilizzare semi ottenuti da frutti rimasti per tutto l'inverno sull'albero, e inoltre le pianticelle nate in questo modo impiegherebbero un tempo molto consistente (6 - 7 anni!) prima di fruttificare. Più sicuro è il metodo dell'innesto, usando come portainnesto biancospino, pero, melo cotogno ed altre Rosacee. così ho deciso di adottare una duplice strategia, per provare a preservare il patrimonio genetico di questa pianta antica: da un lato metterò i frutti a maturare sotto la paglia, e ne userò in seguito i semi; dall'altro, ho tentato di fare io stesso un innesto a scudetto utilizzando come portainnesto un biancospino (Crataegus monogyna). L'innesto a scudetto a gemma dormiente va fatto in questo modo: con uno strumento adeguato si prepara il portainnesto asportando i rami laterali ed accorciando il ramo principale; quindi, con una roncola si fa un taglio a T che interessi la corteccia, quindi con estrema attenzione si separano i due lembi della corteccia tagliata. L'innesto (o marza) prelevato dalla pianta è una gemma, che viene ottenuta tagliando la corteccia che la ospita assieme a parte del legno sottostante. La marza viene quindi infilata tra i due lembi di corteccia del portainnesto, che le vengono chiusi sopra lasciando esposta solo la gemma. In seguito, con della rafia si procede a fasciare l'intera zona vicina alla marza, fissando i bordi della corteccia del portainnesto e limitando l'evaporazione, oppure si può parimente proteggere l'innesto con un apposito mastice. Io al posto del mastice ho utilizzato un pò di stucco per modellisti, che per ora sembra reggere bene. Solo in primavera vedremo se le gemme avranno o meno attecchito. Nel frattempo, lasceremo che tempo e paglia facciano il proprio lunghissimo lavoro, come da sempre avviene nelle campagne.
Dimenticavo: in commercio si trovano spesso i frutti dorati del nespolo giapponese (Eriobotrya japonica): si tratta di tutt'altro genere di pianta, seppur anch'essa appartenente alle Rosacee.
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4 commenti:
Caro Andrea, innanzitutto congratulazioni per il matrimonio!
Seguo sempre ogni tuo post e la saga del tuo pollaio. Ti ho citato nel mio ultimo post (ho bisogno del tuo aiuto!).
saluti e di nuovo auguri!
Michele
Ciao Michele!
Grazie mille! Per quanto concerne i polli, xè vedèmo sul to blog, vècio!
A presto!
(Bellissimo, questo nespolo).
Vero, Equipaje? E' davvero magnifico! Ha un'imponenza ed un'aria di vetustà che raramente ho visto in un albero da frutto.
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