Un'esperide (Ochlodes silvanus?) si riposa dopo la pioggia. Tutte le foto sono di Andrea Mangoni
E' una strana stagione, quella che si sta dipanando quest'anno nel veneziano. Un maggio ed un giugno capricciosi, che alternano giornate di pioggia e di sole estivo.
In campagna, la mia siepe è in fiore. Il ligustro (Ligustrum sp.) attira con le sue infiorescenze centinaia di insetti, dai coleotteri ai ditteri, dalle farfalle alle api. Anche il melograno si sta rivestendo di petali rossi, ma le sue attrattive per la fauna sono molto più misere, in questa stagione.
Dopo una giornata di pioggia, gli insetti semi addormentati rimangono immobili sulle foglie, in attesa di un raggio di sole. Mosche di ogni forma, colore e dimensione affollano gli steli ed i rami; nel verde opaco sotto il cielo plumbeo, rifulgono come fiammelle vivaci alcune farfalle esperidi, forse degli Ochlodes silvanus. Immobili, ma vigili, sempre pronte a scattare al minimo accenno di pericolo, si lasciano comunque avvicinare abbastanza tanto da riuscire ad ammirarle bene.
Dopo settimane di forzata inattività, la chance di poter girovagare e lavoricchiare lungo la mia riva è allettante. E strappando erbacce e tagliando rovi, scopro con sommo piacere che il salice cenerino (Salix cinerea), che pensavo sparito per sempre, è tornato a crescere più bello e forte di prima. E' una bella sorpresa, anche perchè le talee che avevo portato a casa in primavera non avevano assolutamente attecchito. E come lui, anche il biancospino (Crataegus monogyna) e ed una piccola farnia (Quercus suber) sono tornati a spuntare tra l'erba.
Il corbezzolo poi ha iniziato a mostrare i primi frutti, verdi e piccini. Già pregusto il momento in cui diverranno magnificamente rossi e teneri, buoni da mangiare anche così, su due piedi!
Un'altra pianta colpisce la mia attenzione, in queste passeggiate. E' l'aglio delle vigne (Allium vineale), che non dà vita a fiori veri e propri, ma che sfoggia capolini formati da bulbilli rosei, che spessissimo iniziano ad emettere le proprie foglioline mentre sono ancora attaccati alla pianta, col risultato che queste erbacee perenni assomigliano ad una scultura d'arte moderna o alla scarmigliata testa di una Gorgone mitologica. In compenso, i narcisi devono ancora fiorire. Pazienza, bisognerà aspettare ancora per ammirare le loro corolle tubuliformi.
Ho avuto anche un'altra sorpresa, davvero inattesa, facendo pulizia lungo una riva. Dopo aver rimosso un cumulo di erbacce, mi sono infatti ritrovato a fissare nientemeno che... una minuscola pianta di sughera (Quercus suber)! Com'è stato possibile trovare in Veneto questa pianta così tipicamente meridionale? Presto detto: due anni fa mio padre l'aveva portata, sotto forma di alberello sradicato e moribondo, a seguito di un viaggio a Latina, in Lazio, dalla campagna dei miei nonni. Qui le sughere prosperano, ma a volte capre e lavori stradali fanno scempio delle giovani piante. Mio padre l'aveva trovata e portata a casa nella speranza di salvarlo. E così l'alberello di Latina, trapiantato nel miglior modo possibile, aveva finito col soccombere al gelo del nord... almeno così sembrava. E invece, dal ceppo ben protetto, sono spuntati nuovi germogli. Certo la pianta non resterà a lungo nella siepe, e presto sarà trapiantata altrove, ma per quest'estate godrà ancora della compagnia dei salici e delle farnie.
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