Appunti di Avicoltura: la biodiversità avicola italiana...

Gruppo di polli di razza Megiarola bianca. Foto tratta dal libro Pollicoltura padovana del Cav. Italo Mazzon, anno 1932

Negli ultimi anni, credo di averlo già detto, si fa un gran parlare della biodiversità, cioè della preziosità della variabilità genetica e di come essa si esprima negli organismi all'interno degli ambienti. L'Italia è un Paese che da sempre vanta un'enorme biodiversità, e non solo in campo naturalistico, ma anche in campo agricolo e zootecnico. In particolar modo, per quel che concerne l'avicoltura l'Italia ha visto comparire - e scomparire, purtoppo! - molte razze. Alcune di esse sono state solo fugaci meteore, altre invece hanno lasciato tracce nell'economia rurale o negli autori dell'epoca. Per capirci, stiamo parlando di qualcosa come oltre 60 razze, tra primitive, secondarie e sintetiche!!

Tra tante razze, comparse e scomparse, è possibile risalire ancora al tipo di pollo italiano originale? A quegli animali, cioè, che popolavano i pollai delle famiglie italiane fino almeno al 19° secolo?

Galline di razza Leccese isabella. Foto tratte dal libro Zootecnia speciale di T. Bonadonna, anni 40, e riprese dal sito http://www.ilpollaiodelre.comLa risposta è, invero, abbastanza confortante: sì. Possiamo farlo, perchè alcuni importanti autori italiani che hanno scritto di Avicoltura, come Teodoro Pascal, ci hanno lasciato delle accurate descrizioni di questi animali, e soprattutto perchè abbiamo prezioso materiale fotografico derivante dai primi decenni del secolo scorso e dagli ultimi di quello precedente.

L'immagine del pollo italiano più diffuso, razza chiamata generalmente Italiana comune o locale, è quella di un pollo dai tratti tipicamente mediterranei, con orecchioni bianchi, alto sui tarsi, con portamento decisamente abbastanza eretto tanto per quel che riguarda il corpo che per ciò che concerne la coda. Questi polli, di taglia media, con galli che si aggiravano al massimo sui 2.8 kg, ottimi produttori di uova, erano esportati dla nostro Paese a migliaia alla volta dell'Europa e dell'America, dove si facevano ampiamente apprezzare e finivano talvolta per subire un destino che in Italia era loro negato: quello cioè di essere selezionati con passione. Così, dalla razza Italiana comune vennero selezionate in America le Livorno (che ritornarono poi in patria sotto il termine di Leghorn), in Inghilterra le Ancona, in Germania le Italiener, e così via. L'Italiana comune rimaneva, come potete vedere dalle foto d'epoca che compaiono in questo post, ben rappresentate nella loro forma più tipica.

Galline di razza Fidentina perniciata. Foto tratte dal libro Zootecnia speciale di T. Bonadonna, anni 40, e riprese dal sito http://www.ilpollaiodelre.comNegli anni '30 e '40 si iniziò ad utilizzare e a diffondere la pratica di immettere sangue Leghorn (i cosiddetti "galli miglioratori") nei ceppi locali di Italiana comune, per migliorarne le caratteristiche di deposizione. In seguito, a partire dagli anni '40 e fino agli anni '70 si prese l'abitudine di importare soggetti di Italiener di selezione tedesca per aumentare la taglia e la produttività degli animali. Ora, questa pratica introdusse nelle razze autoctone una serie di caratteristiche che ad esse mancavano, snaturandole in parte. Potete infatti vedere una foto di Italiener in fondo al post: questa selezione tedesca ha formato animali più grossi, pesanti e tozzi dell'Italiana comune, dai tarsi bassi, la linea del dorso più lunga e la coda portata, a riposo, quasi orizzontale. L'indole è meno attiva e più tranquilla. Insomma, una razza sì derivata dalla Italiana comune, ma molto differente da essa. Il risultato fu purtroppo quello di perdere in parte le caratteristiche somatiche tipiche della razza nazionale.

Negli ultimi tempi, sono comparsi in commercio numerosi ceppi di galline vendute come "Italiane comuni locali". Chi si aspettasse di ritrovare le caratteristiche della vecchia razza Italiana comune rimarrebbe, probabilmente, deluso: infatti si tratta in genere di esemplari che si rifanno - geneticamente - alla tedesca Italiener, perchè in questo caso si è partiti dall'assunzione che essa rappresenti in realtà un buon modello del pollo autoctono italiano. A mio avviso, nel far ciò si commette un'errore grossolano, e cioè quello di dimenticare le caratteristiche che l'Italiener ha acquisito nel corso della sua selezione e che non si ritrovavano nei polli italiani d'un tempo; del resto, basta un semplice raffronto fotografico per comprenderne le differenze con quelle razze, come la Leccese, la Megiarola o la Fidentina, che incarnavano il prototipo dell'Italiana comune. Da questo punto di vista, probabilmente la Livorno sarebbe stata una scelta molto più azzeccata dell'Italiener, visto che già alla fine dell'ottocento Pascal ne descriveva le caratteristiche come molto più corrispondenti a quelle dell'Italiana comune.

Personalmente, insomma, credo che sarebbe forse ancora opportuno cercare. Cercare andando con le proprie gambe e guardando con i propri occhi quanto le nostre campagne abbiano ancora da offrire. Il tesoro che potremmo raccogliere è potenzialmente ancora grande, ed un premio maggiore potrebbe essere nostro, quello di aver cioè attivamente contribuito alla salvezza di antichi ceppi delle nostre gloriose razze locali.

Gallo di Italiener. Sito di provenienza dell'immagine: http://www.zwerg-italiener.de/; © Proll

Gallo di Italiener. Sito di provenienza dell'immagine: http://www.zwerg-italiener.de/; © Proll

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