Quando la chioccia veniva... ubriacata.

Una chioccia coi suoi pulcini.

Spesso ci dimentichiamo, complice l'attuale diffuso benessere, che il mondo rurale un tempo non era così come lo idealizziamo a volte oggi. In particolar modo la povertà che accumulava tante famiglie contadine e il bisogno di mettere qualcosa in tavola spingeva a trovare soluzioni diverse da quelle suggerite dalla natura.
Sia chiaro, oggi non spingeremmo mai a ricorrere ai sistemi che vi illustreremo, sia perché abbiamo concetti molto differenti del benessere animale, sia perché si possono felicemente acquistare senza problemi vari modelli di incubatrice che permettono di far schiudere le uova in ogni momento dell'anno. 
Il bisogno di avere uova in inverno, e pulcini da vendere al mercato per comprare cibo e suppellettili, portava le massaie però a mettere a covare le uova in periodi dell'anno solitamente molto avari di chiocce. Ma le contadine di un tempo non si arrendevano facilmente...

Mia nonna era una contadina, una donna semplice e determinata, che doveva tenere le redini di una famiglia numerosa: un marito, sei figli e i vari parenti presenti in casa (si trattava di una classica famiglia patriarcale della campagna veneziana). A lei spettava la cura del pollame e grazie alle galline riusciva a far quadrare, in mille modi diversi, l'economia della famiglia. Con le uova faceva i baratti: dal casoin le scambiava con lo zucchero, e quando passava il pescivendolo prendeva "un vovo de schìe", ovverosia la quantità di gamberetti che poteva barattare per un uovo. Al mercato, poi, portava in una caponàra i pulcini nati per venderli e ottenere il necessario da mettere in tavola. 
Per lei avere uova e pulcini era quindi di fondamentale importanza. Sapeva bene che, per avere pollastre che deponessero anche in inverno, saltando la prima muta, avrebbe dovuto far nascere gli animali in momenti dell'anno in cui non erano disponibili galline o tacchine disposte a covare. Come fare, quindi, a incubare le uova quando le incubatrici artificiali erano un lusso destinato a pochi facoltosi? 
Mia nonna non aveva altra scelta: doveva convincere - eufemisticamente parlando - le galline a covare. Sceglieva una gallinetta, di solito una Pépola, una galina nana, ma a volte usava anche una vecchia "Cucca" (antica razza veneta a livrea sparviero). Per alcuni giorni la nutriva - anche imboccandola a forza, se necessario - con pane e vino. Quindi la afferrava per le zampe posteriori e la faceva roteare per qualche secondo in aria. L'animale, completamente disorientato e ubriaco, veniva messo in un cassetto del comò con una tela spessa sopra, che facesse passare poca luce. 

Gallo di Cucca o Cenere.

Dopo aver ripetuto il trattamento per alcuni giorni, alla gallinella si provava ad affidare alcune uova, e di norma a questo punto l'animale iniziava a covare. I pulcini che nascevano erano trattati con la massima cura perché da essi dipendevano sia la futura produzione di uova che l'economia della famiglia. Se si trattava di giovani tacchini, allora nonna cercava delle ortiche, che tagliava finemente e mescolava con l'insalata da offrire ai giovani animali. 
Se la chioccia dimostrava un ottimo istinto alla cova, poi, i pulcini venivano tolti via via che nascevano e alla gallina si afidavano altre uova, per ottenere una seconda schiusa. I primi nati erano quindi affidati a una balia, che nelle campagne del veneziano, padovano e trevigiano, poteva essere anche un galletto castrato, usanza riportata anche da Italo Mazzon. In questo caso al cappone, spesso ottenuto da polli nani o seminani, si toglieva parte del piumino del petto, lo si trattava come la chioccia ingozzandolo di pane e vino e infine gli si infilavano sotto i pulcini durante la notte in modo che al suo risveglio li accettasse e iniziasse a curarli. 
Vale la pena ricordarlo: queste pratiche oggi devono essere evitate, per salvaguardare il benessere degli animali. Ma vale altrettanto la pena ricordare che ci sono stati anni in cui non esistevano supermercati e dove la vita era davvero un continuo lavorare per la propria sussistenza. In questi tempi di benessere dovremmo avere ancora l'umiltà di ricordare ciò che eravamo e comprendere ciò che abbiamo guadagnato, al fine di arrivare a capire a cosa possiamo rinunciare serenamente per venire incontro alle esigenze di un mondo in continuo cambiamento e di un ambiente che necessiterà sempre più da parte nostra di cure e attenzioni.

Una chioccia cura i propri pulcini.




1 commenti:

Unknown ha detto...

che bello leggere questo articolo, per quanto fossero pratiche a noi non avvezze mi fa piacere leggerle perchè mi ricordano i racconti fatti da mio padre. Anche lui cresciuto in un mondo rurale ormai scomparso.