Avicoltura - L'allevamento tradizionale degli avicoli a Nuvolera - Molinetto di Mazzano (BS) nella prima metà del '900.

La bisnonna di Simone Agnelli con un bel gruppo di  polli locali negli anni '40 del secolo scorso. Si notano delle galline simili all'antica Brianzola. Foto per cortesia di Simone Agnelli.

Nei giorni scorsi ho ricevuto da Simone Agnelli, un mio conoscente su Facebook, una serie di foto raffiguranti degli animali domestici e scattate a Nuvolera (Molinetto di Mazzano) in provincia di Brescia tra il  1920 e il 1945. Assieme alle foto, alcune delle quali davvero splendide e ricche di informazioni avicole, che troverete meglio descritte in questo post su Archivio Storico di Avicoltura, Simone mi ha anche inviato alcune interessanti annotazioni sull'allevamento tradizionale degli avicoli in questa zona della Lombardia.

L’alimentazione dei polli avveniva tramite granasì (spezzato di mais) ed impastat (una zuppa di pane raffermo, crusca, farina e tritello). Gli animali erano spesso alloggiati in una struttura tipica, el purcil-poner, una casetta di due micro stanze sovrapposte: sotto si trovava la porcilaia, sopra invece il ricovero per i volatili che vi accedevano tramite una scaletta in legno.
Tra i predatori, molto temute erano le faine e le poiane che spesso compivano vere e proprie razzie. Un problema ricorrente erano i parassiti (pipiulì) che
venivano combattuti cospargendo i ricoveri ed i trespoli con calce viva o cenere semicalda. Particolare attenzioni venivano riservate agli animali  durante i periodi di lunghe piogge, per scongiurare el mal dell’occ.

Bimbo con polli locali. si notano capi a orecchione bianco. Foto per cortesia di Simone Agnelli. 

Le ovaiole preferite erano le ostanele, cioè le galline nate ad agosto, di taglia più piccola e più produttive. La cova avveniva sempre tramite chioccia, se le galline non ne presentavano l'istinto venivano indotte a farlo attraverso l’ubriacatura, alimentandole per tre giorni con mollica di pane imbevuta nel vino. La gallina, sotto gli effetti anestetici dell’alcool, rimaneva accovacciata sulle uova, fino a sviluppare l'istinto alla cova e  a iniziare la cova vera e propria. Le uova venivano scelte con cura evitando quelle troppo grosse (si diceva che il pulcino sarebbe stato troppo morbe) e quelle deformate. Venivano poste sotto la chioccia a mezzogiorno, seguendo la fase lunare appropriata; dopo sette giorni si eseguiva la speratura con una candela. Durante il periodo di cova si scongiuravano i temporali in quanto si credeva che le vibrazioni dei tuoni potessero provocare la morte dell’embrione. Le chiocce venivano poste in cesti di vimini ben imbottiti di fieno sottile e poste in luoghi riparati, quali sottoscala o cantine. Sopra il cesto vi si poneva un setaccio per evitare l’incursione di altri animali. Ogni giorno alla stessa ora con delicatezza la gallina veniva rimossa dal cesto per permetterle di alimentarsi e defecare; nel frattempo le uova venivano mescolate spostando quelle più esterne al centro e coperte con un panno di lana.

Alla schiusa i pulcini venivano messi in cesti imbottiti di piumino ed alimentati con miglio e risetta oppure affidati a delle americanine alle quali venivano cuciti gli occhi affinché non beccassero i piccoli nati da altre chiocce. tanto questa pratica quanto l'ubriacatura della gallina per indurla a diventare chioccia erano pratiche cruente, ma non bisogna dimenticare che dalla produzione di pulcini dipendeva parte del sostentamento alimentare della famiglia. Oggi ovviamente hanno perso di significato. Per le nascite estive i pulcini venivano lasciati con la madre nel chisol, una gabbia rotonda senza fondo affine alla stìa, ed erano portati durante il giorno sotto le vigne o nell’orto. Il chisol era leggermente rialzato in modo tale da permettere ai pulcini di scorrazzare liberamente senza però allontanarsi troppo dalla madre che, chiusa all’interno, li chiamava continuamente a sé.

Le immagini che accompagnano l'articolo ci fanno vedere come i polli presenti fossero soprattutto negli anni venti animali di tipologia mediterranea ma un po' appesantita; tra le colorazioni spiccano esemplari color fioccato o moschettato argento e lo sparviero argento, che non possono non ricordare la livrea segnalata per l'antica razza Brianzola. Sono presenti poi galline apparentemente di colorazione frumento, ed esemplari bianchi, neri oppure mogano, alcuni dei quali caratterizzati da orecchioni bianchi. Si può notare anche un tacchino, affine probabilmente al tacchino Brianzolo.

Polli locali e un tacchino simile al Brianzolo. Si notano capi  con orecchioni bianchi e caratteristiche del pollo mediterraneo. Foto  per cortesia di Simone Agnelli. 

Nel complesso quindi si tratta di una bellissima testimonianza iconografica oltre che etnografica. Ne approfitto per invitare tutti i lettori del blog a inviarmi foto, informazioni dettagliate, tradizioni e proverbi riguardanti il mondo avicolo tradizionale delle loro regioni. in particolar modo sono preziose le foto di polli e avicoli risalenti soprattutto alla prima metà del secolo scorso. Condividetele con noi, inviandole a info@oryctes.com (o, in caso di foto pesanti, a oryctes.com@gmail.com) e aiutateci a comporre sempre meglio il delicato arazzo dell'Avicoltura italiana!

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