Negli scorsi giorni è arrivato anche per noi il momento della vendemmia, una raccolta che assurge al ruolo di rito vero e proprio e quest'anno reso più povero dalla mancanza di una persona che non c'è più e che ne godeva immensamente.

Non è stato un bell'anno, per l'uva. I secchi faticavano a riempirsi, ogni grappolo andava mondato dagli acini rinsecchiti o marci, regalo sgradito delle grandinate estive. Ma il carretto continuava, seppure a rilento, a raccogliere le ceste e il loro carico. A poco a poco il grande carro si riempiva: un quintale, poi due, e così via.

Alla fine il carico completo è stato di circa otto quintali di uva, pochissima rispetto agli altri anni, ma meglio di quanto a un primo sguardo si potesse sperare di ottenere. Il grado zuccherino si è aggirato a poco più di 18, e vista la qualità dell'uva credo sia stato un risultato eccellente.




Ma l'importante era riuscire a finire e a concludere anche quest'anno il ciclo della vigna, a prescindere dal risultato.
Gli unici ad aver festeggiato sono stati i polli: ampie ceste di uva di scarto li hanno fatti felici oltre misura, offrendo una gustosa alternativa al solito rancio. E va benissimo così, almeno loro hanno goduto davvero appieno di questa giornata.




polverara bianca

A vederle sul prato di un verde freddo e asettico le Polverara bianche sono un colpo d'occhio davvero notevole. Lo scorso anno avevo deciso di eliminare tutti i soggetti bianchi e di concentrarmi sulla selezione delle nere, per lavorare sui riflessi verdi che tale livrea deve comportare. Ma dopo pochi mesi è emersa, alla prima schiusa, una manciata di soggetti candidi dagli esemplari ebano. Cosa è successo quindi?

Iniziamo col rispondere a una domanda che in tanti mi avete fatto negli scorsi mesi: quale dei due colori, tra bianco e nero, risulta dominante nei polli? E la risposta è... Dipende, perché le cose non sono così lineari come sembrano. Iniziamo col dire che bianco e nero non sono degli alleli diversi di un singolo Lucia genico, ma che si tratta di almeno tre differenti loci, per cui non si può semplicemente parlare di dominanza di un colore sull'altro.
In particolare, una livrea nera è data dall'allele E del locus omonimo E, locus che conta non meno di 8 alleli diversi responsabili tra l'altro della livrea selvatico oro, selvatico frumento, selvatico bruno. La condizione per cui un pollo è nero è data dalla presenza in omozigosi di E (E/E) con l'aggiunta di geni melanizzatori. Nella Polverara è questa (o dovrebbe esserlo) la corretta base del piumaggio.
Per il bianco invece le cose si fanno più complicate. Generalmente nelle Polverara è presente il bianco dominante I, che inibisce la produzione di melanina. I soggetti in cui l'allele è in omozigosi (I/I) appaiono bianchi, mentre in eterozigosi (I/i+) sono bianchi con qualche pezzatura nera. Se il bianco della Polverara fosse dovuto solo al gene I sarebbe quindi bastato eliminare i soggetti bianchi o pezzati dall'allevamento per selezionare solo capi neri. Ma il bianco può essere dovuto, come livrea, anche al gene C+ del bianco recessivo. In particolar modo se in omozigosi l'allele c (c/c) rende il mantello candido, mentre in eterozigosi (C+/c) l'inibizione della melanina scompare e i polli mostrano la loro normale livrea.
Nel caso in oggetto, nel mio gruppo di Polverara erano presenti entrambi i geni del bianco, causando così la ricomparsa di tale colorazione (continua nel primo commento).

polverara bianca


munega e prete: scaldino


Una volta non si andava mai a letto soli, nelle fredde notti d'inverno: si era preceduti dalla presenza, ingombrante ma gradita, del "prete" e della "munega" (monaca). Il prete era un trabiccolo di legno che serviva a tenere sollevate le coperte e appunto posizionato sotto di esse. Al suo interno prendeva posto la munega, uno scaldino di metallo che, riempito di braci, avrebbe provveduto a riscaldare per ore il talamo gelido, togliendone nel contempo l'umidità assorbita durante la giornata. Il prete serviva appunto a far sì che la munega, col suo carico potenzialmente incendiario, non finisse a contatto stretto con le coperte, facilmente infiammabili. Nella mia famiglia ho sempre avuto ricordi di una munega che girava, come soprammobile, ormai inutilizzata da anni. Era un bell'oggetto in rame, col coperchio lavorato e traforato ad arte per lasciar passare il calore senza correre rischi. Ma a un mercatino dell'antiquariato ho da poco trovato quest'altra munega, molto più basilare e rustica, con una grossolana griglia a protezione delle braci, e mi ha colpito il suo parlare di mura fredde e di un veneto contadino povero che doveva ingegnarsi per sopravvivere al gelo dell'inverno. Così l'ho portata a casa, con gli altri miei oggetti di un mondo che fu, scomparso per sempre, ma vivo ancora nelle memorie di tanti.

polli al pascolo
Qualche giorno fa, per la prima volta, ho potuto lasciare i giovani nati di quest'anno al pascolo. È sempre un momento speciale vedere il primo approccio dei nostri avicoli alla distesa di erba e alberi che si para loro davanti. Inizialmente guardinghi, muovono i primi passi timidamente iniziando a becchettare, fino a che gli animali più vecchi non li sorpassano con foga e si lanciano a cercare i posticino che tanto amavano sotto gli alberi o tra i cespugli. I giovani allora partono al seguito, lasciando le proprie remore, correndo e svolazzando a più non posso: oramai sono così grandi che i falchetti che regolarmente frequentano il frutteto non rappresentano più un potenziale pericolo. Gli anatroccoli sono sorvegliati a vista dai genitori, che ogni tanto si inalberano proteggendoli se qualche pollo si avvicina un po' troppo a loro. È arrivato uno dei momenti dell'anno, nel mio allevamento, che preferisco di più, il momento in cui vorrei solo sedermi sotto un albero ad ammirare i miei animali scorrazzare al pascolo attorno a me.

piccola anatra muta


La pioggerellina sottile di stamattina ha costellato il prato e le foglie degli alberi di migliaia di gocce d'acqua che rilucono come gioielli. I polli sono indifferenti, inzuppati ma tranquilli: molti infatti scelgono di prendere la pioggia, piuttosto che stare nel ricovero. Ma chi si gode davvero la giornata sono le anatre mute. 

piccola anatra muta


I giovani sono inzaccherati, con un'aria satolla e soddisfatta mentre si godono il fresco e l'acqua c

piccola anatra muta

he ha riempito i contenitori presenti nel loro recinto. La madre è sempre all'erta, anche se ora ha accettato la mia presenza con più serenità e sembra non considerarmi più una minaccia per i suoi piccoli a meno che non mi avvicini a meno di un metro di distanza.

piccola anatra muta


Ero molto curioso invece di capire il comportamento del maschio: non avevo mai lasciato infatti una femmina libera nello stesso recinto del compagno subito dopo la schiusa delle uova. Stavolta ho voluto lasciare fare alla natura e lo spettacolo è stato magnifico. Durante la cova il maschio sostava spesso di fronte al nido, in paziente attesa. Dopo la nascita sembra occuparsi abbastanza attivamente della prole, attaccando i polli che si avvicinino troppo ai suoi anatroccoli. Un gruppo famigliare stupendo che fa davvero tenerezza.

femmina di anatra muta


Ora non devo fare altro che aspettare di vedere come cresceranno i piccoli e quanti maschi e quante femmine avrò, per capire quali e quanti animali tenere per il prossimo anno.

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Ameles spallanzania


È sera, in campagna. Il sole è sceso, la luce cala sempre di più e io sto tornando a casa. Ma un movimento verde, "strano", attira la mia attenzione sui fiori dell'erba di San Pietro. L'insetto che l'ha provocato è una minuscola mantide religiosa, per la precisione una femminuccia adulta di Ameles spallanzania. Si tratta di una specie di mantide caratterizzata da uno spiccato dimorfismo sessuale: le femmine, più grandi (raggiungono i 3 cm), hanno solo ali vestigiali e sono più grosse e robuste dei maschi, che invece sono piccoli, sottili e con ali ben sviluppate. Non erano certo diffuse da noi negli scorsi decenni, ma da qualche anno sembrano essere arrivate anche qui ed essere sempre più frequenti. È stato un'espansione lenta e graduale, apparentemente naturale. 

Ameles spallanzania


Dal suo angolino la femminuccia che ho davanti, col ventre carico di uova ricurvo sul dorso, sembra osservarmi con giusto sospetto. Si irrigidisce posizionando le zampe anteriori davanti a sé, immobile, ondeggiando al minimo alito di vento. Una locusta le si posa di fronte, ma è grande quasi quanto lei: l'attacco non avviene. Forse perché troppo grossa, forse perché l'Ameles non ha fame, la locusta riesce a sfuggire.

Ameles spallanzania

Vado. La mantide non smette di guardarmi. Nei prossimi giorni deporrà le uova, racchiuse in un'ooteca, in un angolino riparato. E allora, con lei ormai a pancia vuota, scommetto che la locusta dovrà guardarsi le spalle.
Buona caccia.


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Giovani Polverara


Il pollaio in questa stagione è sempre affollato dei giovani nati in primavera. Quest'anno le sorprese non sono mancate e gli animali che sono nati mi hanno mostrato quali vie seguire nel prossimo lustro almeno.

La cosa più evidente è stata la manifestazione di una serie di problemi dovuti alla consanguineità. Dopo anni senza aver mai inserito nuovo sangue, e dopo 5 anni di impossibilità di praticare lo spiral mating, quest'anno sono sia comparse livree che credevo perdute sia si sono presentati per la prima volta dei problemi fisici totalmente nuovi.
Dal punto di vista delle colorazioni sono ricomparse la mottled (almeno in apparenza), la bianca recessiva e una nuova livrea grigia, molto particolare. 

pollastra di Polverara


È evidentemente una mutazione del bianco recessivo, e sarebbe bello studiarla, ma...
Ma il soggetto (a destra nella prima foto) mostra un difetto congenito, una malformazione delle ossa del cranio che porta il becco a incrociarsi, causando difficoltà nell'afferrare qualcosa col becco. Sebbene l'animale riesca a nutrirsi regolarmente, non potrò probabilmente riprodurlo. Problema certo legato alla consanguineità, dovuta anche alla morte di alcune femmine adulte a causa di un predatore, nei mesi scorsi, cosa questa che ha diminuito la variabilità genetica del gruppo dei riproduttori.

pollastra di Polverara


Sono nati poi diversi soggetti con ciuffi troppo grandi: bellissimi, ma fuori standard. Non potrò certo tenerli come riproduttori, per cui di fatto sono a disposizione di chi voglia dei polli vivaci e affascinanti.
Di Boffe ne sono nate solo 4, ma le femmine in effetti avevano fatto davvero pochissime uova. 

gallo di Boffa


Le mie gallinelle nane invece si sono date da fare e sono nati molti giovani, quasi tutti di livrea sparviero.



Un anno ricco? Certamente, ma che getta anche pesanti ipoteche: per rimediare alla morte delle riproduttrici dovrò cercare qualche femmina in allevamento diversi dal mio, inserendo per la prima volta dal 2010 nuovo sangue nel mio allevamento.
Ma questa sarà una avventura totalmente nuova, e la racconteremo un'altra volta.



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    Alle 6 del mattino, quando suona la sveglia, il corpo tende in maniera naturale a ribellarsi e a permanere, - come nella più classica delle leggi fisiche - nel suo stato di immobilità, rifiutandosi di abbandonare le fantasie oniriche. Ma non ha speranza: lo costringerò ad alzarsi e a svegliarsi, magari con l'aiuto di qualche manata di acqua fresca in pieno viso.

    Dopo quasi un anno di più o meno regolare corsa campestre mattutina, in aprile il mio ginocchio destro ha deciso di dare forfait. Edema spongioso, cartilagini dolenti, a volte fitte tali da fare pensare che il ginocchio fosse in frantumi.
    Ho aspettato mesi, ma il responso delle visite è stato unanime: stop alla corsa.
    Ma dovevo - volevo - trovare un'alternativa che mi permettesse di fare abbastanza esercizio all'aperto e alla fine ho deciso per provare la bici. Ho riassestato la vecchia Mountain bike della mia giovinezza, e ho fatto un tentativo.
    Un'ora di corsa in bici, alle 6 del mattino. Almeno 5 volte a settimana.
    Ho sentito da subito rinforzarsi la muscolatura delle gambe, specie attorno alle ginocchia. Il dolore al destro è migliorato sensibilmente, mi sento energico, carico di voglia di fare. Ma sono altri i vantaggi che amo. Vedere i paesi del vicinato quasi senza nessuno intorno; osservare case e paesaggi da un'angolazione diversa, scoprendo dettagli che in auto finiscono inevitabilmente per perdersi. E ancora, il movimento fluido e continuo della bici sembra allarmare meno gli animali, che spesso così si lasciano avvicinare di più: ieri è toccato a un airone grigio, oggi a un piccolo falco, domani chissà di chi sarà il turno. Ma ciò che più mi mancava era vedere le infinite sfumature dell'alba, col sole a sorgere sulle campagne dormienti, ammantate di rugiada, oppure facente capolino tra gli alberi lungo la Brenta, tingendone le acque d'oro.
    Questo mi mancava, più di tutto: la luce nascente.
    Buona alba e buon ferragosto a tutti.



    Capita, a volte, che in pollaio nasca un soggetto diverso da tutti gli altri, che ci lascia sbalorditi per qualche caratteristica. Quest'anno è stata la volta di un galletto di Polverara, che al posto di sfoggiare un paio di mefistofelici cornetti, sembra avere una strana cresta che ricorda quella a coppa della siciliana o forse più compiutamente quella a foglia di quercia della francese Houdan. Ma cosa dovrebbe essere successo?

    Difficile dirlo. Nella complicata genetica del pollo, sono alcuni alleli del locus D i responsabili dello sdoppiamento della cresta. Un pollo con base genetica d+/d+ sfoggerà una cresta semplice, un Polverara dalla cresta a cornetti sarà caratterizzato dalla presenza in omozigosi dell'allele Dv (Dv/Dv) mentre una siciliana avrà una cresta a coppa dovuta all'azione di un terzo allele, Dc (Dc/Dc). Su tutti questi alleli possono poi insistere geni modificatori che influiscono sulla forma finale della cresta in questione. In una situazione di eterozigosi, data dall'incrocio di polli a cresta semplice con polli a cresta a cornetti, si ha un patrimonio genetico che comprende l'accoppiata Dv/d+, che comporta un parziale sdoppiamento della cresta. La razza francese Houdan, con la sua cresta a farfalla o a foglia di quercia, non è ben chiaro se sia dotata di una forma modificata di Dc o se invece sia portatrice di un differente allele del locus D.



    E il nostro galletto allora? Mistero: si tratta di un incrocio con una gallinella nana, e quindi di una cresta in stato di eterozigosi? O invece si è verificata una mutazione, che ha prodotto al posto di un paio di cornetti una cresta a coppa su cui agiscono dei modificatori della forma? Impossibile dirlo ora. Se fosse vera la prima ipotesi dovremmo osservare una taglia molto piccola del soggetto adulto; per verificare che sia vera la seconda, dovremo aspettare invece che cresca e programmare degli accoppiamenti con animali a cresta semplice per studiare la trasmissibilità del carattere. In ogni caso sarà interessante vedere l'evolversi della situazione, e non ci resta che allevare questo galletto e vedere che sorprese ci riserverà da adulto.

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    Megachile su menta


    Si parla molto spesso del declino delle api in termini allarmistici, molto meno invece di quello di tanti altri impollinatori rei soltanto di non produrre miele. Eppure esistono centinaia di specie di insetti che svolgono un'opera paragonabile a quella dell'ape domestica nel più totale silenzio, e che in un altrettanto assordante silenzio stanno via via sempre più sparendo a causa di inquinamento e pesticidi: ditteri, farfalle, coleotteri, imenotteri e tanti altri.

    Basta a volte pochissimo per aiutarli e invitarli a trasferirsi nei nostri giardini: buon cibo e siti di deposizione, ad esempio, aiutano molto. Nel mio giardino ho piantato diverse varietà di menta, che quando vanno in fioritura attirano decine di piccoli impollinatori. Tra di essi, ho immortalato questa piccola ape solitaria, una Megachile, intenta a pasteggiare sui fiori di Mentha suaveolens, una specie spontanea in Italia che ho raccolto lungo una strada proprio qui a Camponogara. Le Megachile amano infinitamente questi fiori, e spesso si possono vedere col ventre reso arancione dal polline mentre passano dai fiori dell'aromatica alle foglie delle rose che vegetano lì vicino. Qui ritaglieranno, con precisione impressionante, tanti ovali di foglie con cui costruiranno le cellette che andranno ad ospitare le loro larve fino all'emersione della futura generazione.

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    anatroccoli di anatra muta 1


    La prima covata dell'anno era andata male: un solo piccolo nato, morto dopo pochi giorni. Così, quando un paio di giorni fa mamma anatra muta è emersa dal nido guidando fiera questa manciata di piumini ambulanti, ne sono stato felicissimo - oltre che esteticamente estasiato. Credo che poche creature al mondo siano più belle degli anatroccoli di Carina moschata appena nati, coi loro corpi un po' goffi, la testolina arrotondata e i grandi occhi liquidi e scuri. La schiusa, in questa specie, avviene dopo 35-40 giorni di cova: la madre costruisce il nido in un anfratto sicuro, foderandolo col proprio piumino. Durante la cova e dopo la nascita dei piccoli il suo temperamento cambia drasticamente: diventa una belva, e nessuno può pensare di avvicinarsi impunemente alla sua prole. Alla nascita i piccoli sono autonomi, e iniziano a nutrirsi dopo poche ore. Va offerto un buon mangime specifico per anatidi, e bisogna evitare di offrire loro pane o prodotti lievitati. L'acqua è importantissima, e va messa loro a disposizione una vaschetta per il bagno che si di facile accesso e schiusa. Io ho usato il piatto di una mangiatoia di Novital, ma qualunque contenitore basso può andar bene (per vederli in azione, sguazzanti, andate nei miei reels!) . Per i primi giorni i pulcini resteranno soffici concentrati di piume, ma a breve inizieranno a sviluppare le penne ardesia chiaro tipiche della livrea dei genitori, due soggetti grigio perla. Per distinguere i sessi ci vorranno settimane, ma prima che accada avrò tempo di lavorare su un recinto più grande e accogliente, per offrire loro tutto lo spazio di cui hanno bisogno.

    anatroccoli di anatra muta 1


    Gruppo di Protatia speciosissima


    Un cupo ronzio nell'aria e uno scintillio metallico preannunciano l'arrivo della più grossa cetonia italiana, una Protaetia speciosissima, all'albero di mele che si trova nel mio orto. La sua metà è ben precisa: un pomo colpito, come tanti, dalle sgradite attenzioni della cimice asiatica (Halyomorpha halys). Laddove la cimice punge il frutto la polpa tende a marcire, e stavolta la fermentazione che si è venuta a produrre ha fatto sì che vi si radunassero innumerevoli Protaetia, attratte dall''aroma zuccherino e alcolico. Indaffarate a cercare di affondare il capo a forma di vanga nella polpa, le cetonie rifulgono al sole come smeraldi, simili a minuscoli e sgargianti avventori di un pub ebbri di sidro. Alcune, sufficientemente sobrie, trasformano l'occasione in un incontro amoroso e si accoppiano nel sole del pomeriggio, come amanti ubriachi, pronti a dar vita alla prossima generazione dopo il pasto abbondante e inaspettato.

    Gruppo di Protatia speciosissima