Maschio di Chalcosoma atlas. Foto di Andrea Mangoni. |
Se potessimo immaginare un maschio di Chalcosoma (…), con la sua lustra armatura brunita, e le sue ampie e complesse corna, ingrandito fino alla taglia di un cavallo, o anche di un cane, esso sarebbe uno dei più imponenti animali del mondo.
Charles Darwin
202 anni fa nasceva Charles Darwin. Ed è in suo onore che - ancora una volta - apro il secondo appuntamento del Carnevale della Biodiversità proprio con una sua citazione.
Già, l'aspetto di un Chalcosoma atlas maschio è davvero impressionante, con quelle sue straordinarie escrescenze toraciche e cefaliche a forma di corna. Ma quali spinte selettive hanno portato questi giganteschi coleotteri dinastini ad evolvere un simile, ingombrantissimo armamentario? Una delle prime cose da dirsi, a questo proposito, è che le corna e le appendici dei dinastini sono state a lungo studiate. In svariati animali in cui i caratteri sessuali secondari maschili prevedono simili organi ipertrofici, questi ultimi possono essere frutto di selezione sessuale, le femmine cioè potrebbero cioè essere maggiormente attratte dai maschi dalle ornamentazioni più grandi, che così risulterebbero favoriti al momento dell’accoppiamento. In realtà, difficilmente ciò si può applicare al caso di questi coleotteri, in quanto molte femmine non hanno modo di scegliere il proprio partner, e a volte possono addirittura essere costrette coattivamente alla copula. Più probabile è l’effettivo vantaggio ottenuto dai maschi durante i combattimenti per il possesso delle risorse alimentari, del territorio e del diritto ad accoppiarsi: i maschi con corna più lunghe possono controllare già a distanza l’avversario, evitando così scontri a distanza ravvicinata che potrebbero essere forieri di maggiori danni. D'altronde, studi su un altro dinastino, Podischnus agenor (i cui maschi presentano un corno toracico lievemente biforcuto diretto in avanti ed un sottile corno cefalico rivolto all’indietro) hanno fatto notare come gli esemplari adulti di sesso maschile combattano tra loro utilizzando movimenti stereotipati simili a quelli adoperati dagli stessi coleotteri per perforare le canne da zucchero di cui si nutrono e in cui si nascondono durante il giorno. Forse queste ornamentazioni quindi, almeno per certe specie di Dinastini, si sono evolute proprio come ausilio ad attività di scavo e ricerca del cibo, ed in seguito hanno elargito ai loro possessori un ulteriore vantaggio al momento delle dispute legate alla riproduzione o alla conquista del territorio e delle risorse alimentari. Ma ovviamente mille sono le vie percorse da animali e piante nella corsa ad accaparrarsi cibo da mettere sotto i denti ed un luogo dove vivere; un bellissimo articolo sulla ricca comunità di organismi che ha deciso di vivere e trarre sostentamento dal... nostro corpo lo potete leggere nel post che Continuo proceso de cambio ha scritto per la precedente edizione del Carnevale. In ogni caso, gli Insetti sono da sempre maestri incontrastati a tal riguardo.
Se gli straordinari adattamenti morfologici di questi artropodi hanno permesso loro di conquistare virtualmente tutti gli ambienti disponibili, eccezion fatta per il mare aperto e i ghiacci più impenetrabili, non meno eccezionali sono state anche le strade percorse nell'adattare il loro plasticissimo piano strutturale utilizzandolo per sopravvivere nell'ambiente e procacciarsi il cibo nei modi più vari. Alcuni esempi molto gustosi, come il nuoto, il volo e le spiritrombe sono stati ben disquisiti tempo fa da Biosproject: Earth; ma tra tutte le soluzioni sperimentate dall'evoluzione su questi organismi, impossibili da citare esaustivamente senza scrivere un'opera pari per dimensioni all'Enciclopedia Britannica, vorrei guardare con un po' d'attenzione in più con voi quelle riscontrabili in un ordine molto particolare: quello dei Mantodea, che comprende gli insetti noti comunemente come mantidi religiose.
In passato ho già avuto modo di parlare di Mantis religiosa, una specie quasi cosmpolita che è molto comune anche in Italia. Nelle regioni calde del globo, però, le mantidi hanno trasformato le proprie fattezze fino a renderle quali irriconoscibili. Nelle continua lotta per conquistarsi uno spazio vitale, sfuggire i predatori e cacciare le proprie prede, infatti, questi insetti hanno abbracciato con entusiasmo le strade del mimetismo criptico, divenendo tutt'uno con l'ambiente che le circonda. Così ecco mantidi che hanno l'esatta forma di un roseo fiore di orchidea (come la celeberrima Hymenopus coronatus), altre che invece sembrano foglie secche mezze arrotolate, altre ancora che somigliano ad ammassi di sterpi o a legnetti spezzati. Le somiglianze a volte sono così incredibili che anche a distanza ravvicinata può essere difficile scorgere uno di questi animali se completamente immobile. Abbiamo detto che questa forma di mimetismo può essere estremamente utile sia a sfuggire ai predatori, che a cacciare le proprie prede: infatti gli insetti ed i piccoli animali di cui le mantidi si nutrono di norma non si accorgono della presenza di questi predatori fino a che non è troppo tardi. E se le prede scarseggiano? Se l'ambiente è così povero da non garantire la sussistenza di una mantide che vada ad adottare la tecnica della caccia d'attesa? L'evoluzione ha ovviato, in alcuni generi, anche a questo problema: le Eremiaphila africane, ad esempio, pur essendo straordinariamente simili ai sassolini dei deserti in cui vivono, sono dotate di due paia di zampe cursorie efficacissime che le rendono delle eccezionali centometriste nella caccia attiva alle proprie prede.
Ovviamente però non è solo il mimetismo a sancire il successo di questi predatori: la loro arma fondamentale infatti è un'altra, uno stratagemma evolutivo che ha permesso ad insetti strutturalmente simili a grosse e placide blatte di trasformarsi in killer efficientissimi. Stiamo parlando della trasformazione che ha portato il primo paio di arti di questi animali a divenire zampe raptatorie. Le coxe, lunghe e relativamente sottili, portano infatti femori possenti dotati di un duplice ordine di spine appuntite nella faccia inferiore, e a questi fanno a loro volta il contrappunto tibie corte e robuste dotate anch'esse di spine, in un insieme che ricorda piuttosto da vicino la struttura di un coltello a serramanico. In posizione di riposo le zampe raptatorie sono tenute di fronte o sotto al torace, ripiegate come nel gesto di una persona che prega; ma quando una preda si avvicina a portata di tiro, esse vengono estroflesse a grande velocità (circa un venticinquesimo di secondo!) ed intrappolano in una morsa letale lo sventurato animale. L'insieme di questo complesso armamentario naturale è talmente efficiente da permettere alle specie più grandi di catturare non solo insetti ma anche piccoli vertebrati: le foto di una mantide americana, una Tenodera aridifolia che catturava un piccolo colibrì fecero, anni fa, il giro del web.
In effetti, le appendici raptatorie risultano essere talmente efficaci che grazie alla spinta della selezione naturale si possono riscontrare in taxa molto differenti, chiaro segno di convergenza evolutiva. Persino tra i crostacei sono presenti simili appendici, basti pensare alla canocchia (Squilla mantis) i cui chelipedi sono trasformati in appendici raptatorie. Restando invece tra gli insetti, negli emitteri (cimici & Co.) gli arti raptatori sono presenti in diverse famiglie che comprendono generi predatori, come ad esempio il reduvide Ploiaria domestica o gli esponenti della famiglia dei nepidi, i cosiddetti scorpioni d'acqua, emitteri specializzati nella caccia all'agguato nelle acque interne dalla corrente blanda o nulla.
La chiocciola carvernicola Oxychilus preda una falena addormentata. Foto per gentile concessione di Francesco Tomasinelli di Isopoda.net. |
Ma anche in questo caso l'armata degli invertebrati ha in qualche caso trovato una contromossa: in Malaysia infatti alcune specie di insetti ed aracnidi hanno evoluto la capacità di vivere da bravi commensali a spese di alcune piante del genere Nepenthes. Ragni che tessono la tela nell'ascidio, ditteri le cui larve si sviluppano filtrando il liquido contenuto nella pianta, invertebrati predatori e insetti saprofagi: un piccolo esercito di specie che ha fatto proprio la vecchia ma apparenentemente sempre vincente filosofia del "se non puoi batterli, unisciti a loro".
Differenti tipologie di piante carnivore: Drosera, Dionaea, Sarracenia, Pinguicola. Tanti modi differenti per catturare piccoli animali. Foto di Andrea Mangoni. |
Arrow, G.J. (1951). Horned beetles. Dr. W, Junk, The Hague.
Beaver, R.A. (1979). "Fauna and food webs of pitcher plants" in west Malaysia, in Malayan Nature Journal, 33:1-10.
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Mangoni, A. (2006). Coleotteri. Guida all'allevamento di scarabeidi e Lucanidi. Edizioni WILD, Milano.
Mogi, M. & yong, H.S. (1992). "Aquatic arthropod communities in Nepenthes pitchers: the role of niche differentiation, aggregation, predation and competition in community organization", in Oecologia 90 (2): 172-184.
Pietropaolo, J. & Pietropaolo, P. (1993). Carnivorous Plants of the World. Timber Press inc., Portland.
2 commenti:
Ciao Andrea,la mia nursery e' in espansione,l'altro giorno un amico e' comparso con in mano un pezzo di castagno,destinato alla sua stufa,e cosa c'era dentro in un cuniculo?un bagarozzo giallo lungo almeno 6 cm e largo uno,giallo maionese e con la faccina nera con due piccole fauci!Bruttissimo!!Mi e' subito venuto alla mente il tuo articolo sul cervo volante,cosi' ho sequestrato il pezzo di legno e l'ho messo in garage....ma ora le domande sono tante!Prima di tutto sara' veramente lui?In quale stadio sara'della sua crescita se il periodo puo' prolungarsi fino ai 5 anni?Si puo' capire?Gli bastera'un pezzo li legno?Ho bisogno di un tuo consiglio!Gli preparo una mini catastina di legna e riesco a vedere la metamorfosi senza rischiare di ucciderlo?o lo porto in un bosco?Grazie manu
Ah,si muove,e nel frattempo si e' addentrato piu' in profondita' lasciandosi dietro un mucchio di segatura!
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