C'era una volta un dio.
Si chiamava Trumus Icatei, ed aveva a cuore il destino degli uomini. Curava le ferite, proteggeva i guerrieri, donava nuove vite e guariva dalla sterilità. E per fare tutto questo aveva scelto di abitare in un luogo appartato, nascosto tra le montagne del Cadore, dove le vette delle Dolomiti racchiudevano come uno scrigno i piccoli laghetti che formavano il complesso chiamato Làgole.
Le donne dei villaggi vicini si recavano a quelle acque piene di speranze, pensieri, desideri. Desideri di maternità, desideri di vita, desideri di restare giovani e belle per sempre. Per questo esse facevano il bagno di notte, d'estate, nel Laghetto delle Tose, la più profonda delle polle presenti. E in quella sfortunata notte nel plenilunio d'Agosto, anche Bianca, la più bella, si unì a loro. Ma quella notte, a Làgole, non erano sole. Ad attenderle, infatti, trovarono le Anguàne. erano anche loro donne, ma vivevano lontano dagli uomini; libere da legami ed indumenti, libere persino di cambiare le proprie forme in animali, i lunghi seni flosci pendenti, i piedi di capra scalpitanti. Erano donne, ma non sopportavano che quelle altre donne cercassero ed ottenessero ciò che loro non avevao ricevuto: la bellezza, o più facilmente l'integrazione, l'essere uno, l'ammirazione. E così le anguane massacrarono, a colpi di zoccolo, tutte le ragazze del villaggio, e ne bruciarono le case. Quando gli uomini, viste le fiamme, accorsero per cercare di evitare il peggio, era tutto già finito. Non poterono far altro che raccogliere il corpo di Bianca, adagiarlo su una barella, e trasportarlo verso le Marmarole. Trumus Icatei si impietosì, e dalle gocce di sangue che cadevano dalla barella di Bianca nacquero tanti fiorellini cremisi: i ciclamini. Trasformò poi lei e gli uomini che la accompagnavano in rocce, attorno alla Croda Bianca. E per finire sterminò quelle malvage Anguàne, mutando temporaneamente le acque del lago da benevole a venefiche.
Forse questa è solo un'altra favola delle nostre Dolomiti, o forse no. A Calalzo (BL), uno dei centri più antichi del Cadore, esiste da sempre nella zona di Làgole una serie di piccole polle e laghetti che in epoca preromana erano luogo di culto di divinità guaritrici. E col tempo la fama di Làgole e del Laghetto delle Tose non è mai venuta meno: le sue acque ricchissime di ferro vennero sempre considerate un toccasana per ogni tipo di problema legato alla fertilità, al ciclo mestruale, alle piaghe ed alle ferite di ogni genere. Così la gente andava a raccogliere di notte le acque del laghetto, per poterle poi utilizzare per i propri fini. Ho scritto "andava", ma sarebbe stato più corretto scrivere "va": ancor oggi, infatti, c'è chi usa le acque di Làgole per guarire dai propri mali. Con risultati a volte sorprendenti, come ho potuto vedere io stesso. Ancor oggi sono tantissimi i ragazzi, poi, che durante l'estate vanno a passare i pomeriggi sulle sponde del Laghetto delle Tose, prendendo il sole, divertendosi e facendo il bagno nelle sue acque gelide. E per chi desidera invece mangiare qualcosa di buono, allo Chalet Làgole, posto sulle rive del Lago di Centro cadore, si possono degustare piatti tipici affacciati su una magnifica terrazza all'aperto che offre una visuale stupenda sul bellissimo paesaggio e sui monti verdi che si specchiano nel lago.
Ma Làgole non è solo un luogo denso di significati profondi, di storia o di divertimento: è ricchissimo di vita e natura, come pochi altri posti attorno. Nelle sue acque nuotava, fino a qualche anno fa, il gambero di fiume italiano; tra le erbe palustri cacciano giovanissime natrici dal collare, e sulle sue rive la pianta carnivora Pinguicula vulgaris dipana le sue rosette di foglie a forma di stella, simili a lingue vischiose e appuntite che catturano miriadi di piccoli insetti. Nelle radure del bosco che contiene Làgole, i lamponi selvatici dissetano i viaggiatori mentre orchidee spontanee e fiori di ogni genere abbelliscono il luogo con le loro corolle. E nel loro novero, anche i ciclamini, ultimo regalo della povera Bianca.