Negli scorsi giorni è arrivato anche per noi il momento della vendemmia, una raccolta che assurge al ruolo di rito vero e proprio e quest'anno reso più povero dalla mancanza di una persona che non c'è più e che ne godeva immensamente.
Non è stato un bell'anno, per l'uva. I secchi faticavano a riempirsi, ogni grappolo andava mondato dagli acini rinsecchiti o marci, regalo sgradito delle grandinate estive. Ma il carretto continuava, seppure a rilento, a raccogliere le ceste e il loro carico. A poco a poco il grande carro si riempiva: un quintale, poi due, e così via.A vederle sul prato di un verde freddo e asettico le Polverara bianche sono un colpo d'occhio davvero notevole. Lo scorso anno avevo deciso di eliminare tutti i soggetti bianchi e di concentrarmi sulla selezione delle nere, per lavorare sui riflessi verdi che tale livrea deve comportare. Ma dopo pochi mesi è emersa, alla prima schiusa, una manciata di soggetti candidi dagli esemplari ebano. Cosa è successo quindi?
Una volta non si andava mai a letto soli, nelle fredde notti d'inverno: si era preceduti dalla presenza, ingombrante ma gradita, del "prete" e della "munega" (monaca). Il prete era un trabiccolo di legno che serviva a tenere sollevate le coperte e appunto posizionato sotto di esse. Al suo interno prendeva posto la munega, uno scaldino di metallo che, riempito di braci, avrebbe provveduto a riscaldare per ore il talamo gelido, togliendone nel contempo l'umidità assorbita durante la giornata. Il prete serviva appunto a far sì che la munega, col suo carico potenzialmente incendiario, non finisse a contatto stretto con le coperte, facilmente infiammabili. Nella mia famiglia ho sempre avuto ricordi di una munega che girava, come soprammobile, ormai inutilizzata da anni. Era un bell'oggetto in rame, col coperchio lavorato e traforato ad arte per lasciar passare il calore senza correre rischi. Ma a un mercatino dell'antiquariato ho da poco trovato quest'altra munega, molto più basilare e rustica, con una grossolana griglia a protezione delle braci, e mi ha colpito il suo parlare di mura fredde e di un veneto contadino povero che doveva ingegnarsi per sopravvivere al gelo dell'inverno. Così l'ho portata a casa, con gli altri miei oggetti di un mondo che fu, scomparso per sempre, ma vivo ancora nelle memorie di tanti.