Il giardino naturale: rosa, rosa antica delle mie brame...

Una rosa antica, forse la Bourbon Queen. Foto di Andrea Mangoni.

Ho già avuto modo di raccontare di come, qualche anno fa, l'incontro con l'anziana rosa veilchenblau patavina abbia stimolato la mia passione per le rose. Non per tutte le rose, sia chiaro; molte le trovo insipide, quasi noiose. Sono (queste ultime) soprattutto certe cultivar moderne; quelle che in genere riscuotono maggiormente le mie simpatie sono le rose antiche, così come le varietà botaniche e quelle selezionate nella prima metà del '900.

Alberìc Barbier in fioritura. Foto di Andrea Mangoni.Sono le rose dei nostri nonni, rose che spesso fiorivano una sola volta nell'arco dell'anno, ma con una generosità insospettabile e con profumi intensi ed avvolgenti che facevano aspettare con ansia il momento in cui, l'anno dopo, si sarebbero potute ammirare ancora. Sono le rose che facevano belli gli orti di campagna, le antiche corti contadine, le case patronali e le ville dei signori; sono le rose che facevano sognare i poeti e le dame. Molte di queste rose sono scomparse, decine di varietà che si sono estinte nel nulla o quasi, piante di cui si sono dimenticati nome ed ascendenze. Eppure, tante di queste piante sopravvivono ancora, magari nascoste tra le mura dei vecchi cimiteri, avviluppate ai ruderi di ville padronali abbandonate o nei giardini incolti delle aie ora silenziose di vecchie case contadine. E in questi anni, proprio nei confronti di queste rose si è spostata la mia attenzione.

Una casa abbandonata avvolta da un viluppo di edera e rose vecchie rampicanti. Foto di Andrea Mangoni.Prima dell'incontro con la veilchenblau, per me la rosa per eccellenza era quella ereditata dalla nonna Elvira, la vecchia e robustissima Queen Elizabeth; generosa come poche, bella, vitale. In seguito, dopo la scoperta delle rose antiche, ho iniziato a guardarmi intorno con occhi diversi. E così, ecco che lungo una recinzione compaiono come per magia una Alberìc Barbier ed una rosa antica che somiglia molto alla Boubon Queen; ecco che diventa evidente la bellezza di una rosa a fiore semplice nel cortile della nonna di mia moglie; ecco una rosa rossa esuberante, a fiore doppio, che avvolge una casa contadina abbandonata, intrecciandosi con un'edera secolare. Scoprire il nome di alcune di loro sembra impossibile; nessuno le ricorda più, non si trovano descrizioni o immagini. Che fare? Io, quando posso, cerco di moltiplicarle per il mio giardino. Certo non da seme (sarebbe impresa improba e poco fruttuosa con queste varietà), ma per via vegetativa. Così, armato di forbici, prelevo i rami destinati a diventare talee. Al temine dell'estate ed in autunno si possono fare talee legnose, con rami dell'anno dalla base legnosa e ricchi, in basso, di gemme dormienti. Sarà a livello di questi nodi che la talea emetterà le sue radici. Potrà essere utile spolverare la base con un'ormone radicante. Le talee dovranno essere lunghe almeno tre o quattro nodi, e sarebbe bene eliminare in esse tutte le foglie tranne il primo paio in alto. Vanno interrate per metà in un vaso, riempito con terriccio composto per metà da sabbia e per metà di humus, e collocate in un luogo luminoso ma che non riceva la luce diretta del sole. E' importante che esse vengano ben annaffiate, e che il terriccio venga mantenuto leggermente umido. Preparate in autunno, inizieranno a mostrare le prime foglie la primavera successiva, ma occorrerà un altro anno in vaso prima di piantarle a dimora (questo per dar loro maniera di irrobustire le radici).

Un'alternativa interessante alla moltiplicazione per talea è quella per innesto a gemma, o ancora la preparazione di una margotta; in ogni caso, ciò che conta sarà il risultato: riuscire a conservare nella loro bellezza e purezza quei fiori che hanno fatto sognare le generazioni che ci hanno preceduti.

La rosa rampicante della foto precedente. Si tratta probabilmente di una varietà dell'ottocento, la Gloire des Rosomanes. Foto di Andrea Mangoni.

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